Tre parole “magiche” mi sono venute in mente quando sono stata invitata a contribuire a questo convegno centrato sull’adolescenza. Tre parole che evocano, almeno nel mio immaginario, proprio quello spirito che invade e a volte sopraffa gli adolescenti di oggi e di tutti i tempi, alla ricerca inconsapevole di situazioni limite, che li spingono a mettersi alla prova per sentirsi “grandi”, liberi di volare con le proprie ali. antonellaverdiani
Eccole:
· iniziazione,
· rischio,
· libertà.

Nella mia pratica di ricercatrice e pedagogista, ho la fortuna di viaggiare e di poter quindi vedere con i miei occhi i risultati, a volte sorprendenti, sempre e comunque degni d’interesse educativo, di quelle sperimentazioni che mettono lo sviluppo integrale del bambino e del ragazzo, al centro della loro azione pedagogica. È di tre di queste pratiche innovanti che tratterò in queste pagine, tutte basate sulla mia osservazione diretta, in tre paesi diversi: la Svizzera, la Francia e l’India.
 
1. Iniziazione

 Pedagogia iniziatica: Les Rives du Rhône (Svizzera)

“Les Rives du Rhône” (http://www.rivesdurhone.ch) sono due centri, situati nelle Alpi svizzere, di rieducazione per persone di età tra i 18 (la libertà da obblighi scolastici è richiesta) e i 60 anni (attualmente una maggioranza di giovani è residente). Inizialmente nate per prevenire l’alcolismo e la tossicomania, oggi le terapie s’indirizzano a tutti coloro che vogliono liberarsi da qualsiasi tipo di dipendenza. I centri propongono una cura in tre fasi specifiche, con un’immersione nella vita comunitaria, che termina con la fine della terapia. Ciononostante, un’associazione di ex-residenti si adopera per assicurare la reintegrazione alla vita esterna. L’Accademia Aurora (http://academieaurore.ch) è il programma di formazione alla pedagogia iniziatica a cui i centri si ispirano, che si svolge in parallelo ad essi, aperto a tutti. La visione fondatrice della pedagogia utilizzata in questi centri è ispirata dalla filosofia platonica. Il suo fondatore Pierre-Yves Albrecht,1 è un antropologo, filosofo e terapeuta che ha fatto la scelta di applicare in modo attivo i principi filosofici all’Educazione.

L’idea iniziatica si presenta come una visione del mondo completa e strutturata, con i suoi modelli, la sua logica interna, la sua metodologia e soprattutto il suo modello operativo. Il suo obiettivo principale è di avere un impatto sulla realtà, sul mondo. Invece di trasformare la realtà esterna, il suo scopo è di trasformare l’anima del soggetto e di permettergli di raggiungere la saggezza, fonte di guarigione e d’armonia.
Se da un lato si può affermare che la pedagogia è l’arte di educare, nel significato di “tirar fuori, fare uscire alla luce”, l’educazione si riferisce dunque al processo di nascita. Sebbene siamo già nati una volta col nostro corpo, per la visione iniziatica è necessaria una seconda nascita, quella dello spirito. Con la seconda nascita, attraverso un movimento che viene dall’interno, il giovane compie un salto qualitativo, si inizia, comincia una nuova vita.
 
Nelle società tradizionali, la pratica dell’iniziazione comporta tre tappe:
1. il giovane è prima separato dal suo ambiente e isolato,
2. poi avviene la prova che, se superata, gli permette di
3. reintegrare il gruppo, la società, con uno statuto superiore a quello che aveva prima del rito, che gli ha permesso, toccando i suoi limiti, di raggiungere un livello di coscienza più elevato.
 
La pedagogia iniziatica è al tempo stesso un percorso di conoscenza di sé e una terapia (diretta alla “rinascita” del giovane tossicomane) perché equilibra le funzioni del corpo, del cuore e dello spirito. La simbologia utilizzata è, come si è detto, quella platonica: l’uomo è simile a un cocchio, le cui differenti parti devono essere armonizzate. Dal padrone (lo spirito), al cocchiere (la mente), passando per i cavalli (le emozioni) per arrivare alla carrozza (il corpo), la forza deve circolare rispettando l’equilibrio delle diverse parti affinché la direzione dell’insieme abbia un senso. È l’iniziazione che, esperienza dopo esperienza, permetterà al ricercatore di armonizzare il suo cocchio, di crescere verso il suo maestro interno e la sua natura perfetta, poiché in questo itinerario del «conosci te stesso» contatterà sia il suo Essere essenziale, sia «l’universo e gli dei».

Il cammino iniziatico permette all’uomo di vivere “in piedi”. Si tratta di una pedagogia dell’elevazione che stimola la nobiltà dell’uomo, attraverso una via cavalleresca spirituale, così come è definita da Pierre-Yves Albrecht, fatta di contemplazione e azione. Il suo metodo d’insegnamento è concepito come un superamento di tappe di maturazione dei diversi universi presenti all’interno di noi. Le discipline e le tappe proposte durante il soggiorno (che va da un minimo di 3 mesi a un anno e più) sono tutte rivolte allo sviluppo integrale dell’individuo, secondo i seguenti elementi:

· lo studio della Tradizione Iniziatica o “Filosofia eterna”;
· l’approccio operativo dei miti, dei simboli e dei testi sacri delle diverse tradizioni;
· la pratica dei rituali inerenti;
· l’ascesi “in coscienza, forma e gioia” sulla base antropologica della figura platonica: corpo, cuore, spirito;
· le arti marziali, il tiro con l’arco;
· una produzione immaginaria;
· l’elaborazione di un’opera artistica;
· la pratica quotidiana della musica e del canto (corale);
· l’esperienza iniziatica in sé (isolamento nella natura, montagna, deserto, …)
· gli insegnanti, gli educatori sono visti come esempi (altro grande principio della pedagogia iniziatica). La coerenza tra ciò che l’adulto dice e ciò che fa è indispensabile perché s’instauri la fiducia nella relazione educativa.

Infine, l’onnipresenza delle montagne svizzere, la frequentazione del deserto e del mare durante le escursioni, l’allevamento degli animali da latte e le coltivazioni agricole, fanno sì che i residenti svolgano dei compiti in piena relazione con l’ambiente.

Il tasso di “riuscita”, dei residenti è altissimo (98%) e i centri sono sostenuti dall'Ufficio federale della salute pubblica.
 

2. Rischio

 Pedagogia del rischio: progetto “Primo di cordata” (CIRPP-Centro d’ innovazione e di ricerca pedagogica della Camera di commercio di Parigi, Francia)
Il progetto « Primo di cordata » è stato realizzato dal liceo professionale CFI, Centro di Formazioni Industriali della Camera di Commercio di Parigi, da marzo a giugno 2009, sulla pratica sportiva della scalata. Selezionata dal CIRPP come esperienza pedagogica innovativa, l’azione (in cui la sottoscritta aveva un ruolo di ricercatrice - accompagnatrice) è consistita in una serie d’incontri in sala sportiva seguiti da un soggiorno in alta montagna (Chamonix) di 6 studenti della classe preparatoria del liceo (16 anni), accompagnati da 6 adulti, ex allievi del CFI, da 4 insegnanti e un istruttore di alta montagna.
La classe preparatoria al mestiere costituisce un periodo precedente all’integrazione del corso per il diploma professionale per allievi di 15-16 anni, che spesso scombussolati, confrontati a delle situazioni di vita personale complesse, in genere dopo una serie d’insuccessi scolastici, hanno un anno per riadattarsi al sistema e avvicinarsi a un indirizzo professionale possibile. L’aggettivo «scombussolato» utilizzato per descrivere le conseguenze delle condizioni di vita della maggior parte di questi adolescenti può sembrare un’esagerazione, ma non lo è. Questo perché i ragazzi sono spesso alienati e marginalizzati, con alle spalle situazioni che, dal punto di vista sociologico e psicologico, si possono senza esagerare definire «a rischio».
In questo panorama, la scuola rappresenta una boccata d’ossigeno, in un quotidiano connotato della miseria, più che economica, culturale. E’ la «miseria del mondo» di cui parla il sociologo francese Pierre Bourdieu,2 la posizione inferiore, la «miseria di posizione» di chi non ha un posto in prima fila nella grande orchestra della nostra società attuale. Ed è quindi verso questa scuola che si dirigono le speranze di questi adolescenti, di “riuscire” attraverso un mestiere di artigiano, operaio metallurgico, carpentiere, ecc.

Gli obiettivi del dispositivo pedagogico (descritti dagli insegnanti) sono stati i seguenti :
· restituire una fiducia ai giovani, continuare il cammino (simbolo del percorso in montagna);
· accettare gli insuccessi del passato, lasciare la presa, abbandonarsi, fare fiducia sul percorso della scalata;
· immaginare il proprio futuro, dialogare con degli adulti che li hanno preceduti, che sono «già passati da lì»;
· favorire la conoscenza all’interno del gruppo;
· stabilire delle regole di vita (presenza, puntualità, rispetto degli altri);
· (re)acquisire una motivazione;
· imparare a lavorare in équipe e condividere le competenze;
· essere autonomi;
· accettare i propri limiti.

Dal punto di vista della pedagogia, un elemento fondamentale è stato quello dell’introduzione dei “fratelli maggiori” (in francese, grand-frères), le figure “di esempio” rappresentate dai giovani adulti accompagnatori, gli ex alunni “che ce l’hanno fatta, di cui ci si può fidare, come noi”, come dicevano i ragazzi. Anche qui, come nella pedagogia iniziatica, il valore di esempio è fondamentale per la costruzione dell’identità personale e professionale. Già alla fine degli anni ’90, il sociologo urbano Pascal Duret ne dava una definizione: “né padri di sostituzione, (non svalutando mai la famiglia e il rispetto per gli anziani), né insegnanti (sostenendo il ruolo della scuola), i “fratelli maggiori” sono innanzi tutto degli abili intercessori, dei mediatori”3… con alle spalle spesso una pratica sportiva intensa, una rete importante di relazioni sociali e culturali riconosciute nel tessuto urbano della cité. Simbolicamente, la scalata, il muro su cui arrampicarsi, la salita verso l’alto, ha una funzione di passerella. In questo senso il '”fratello maggiore” può essere riconosciuto come il primo mediatore, colui che accompagna la salita verso l'alto.
Dal punto di vista più concettuale, si distinguere une pedagogia del rischio da una pedagogia attraverso il rischio: la prima costituisce una prevenzione del rischio, la seconda, quella che ci interessa, valorizza il suo utilizzo nel percorso d’emancipazione dell’individuo. Qui, l’esposizione al rischio non ha valore in sé, ma diventa il supporto della costruzione di un valore dal punto di vista dell’esperienza esistenziale. Mettersi a rischio, prendere il rischio equivale a «osare, azzardarsi a dire o fare qualcosa».
 
L’esperienza

 In sala sport - Messi in situazione di apprendimento di una tecnica a loro sconosciuta, dopo un inizio lento, i ragazzi imparano a costituire la cordata, si concentrano e dei veri exploits cominciano a prodursi già in sala. Il fatto di riuscire soprattutto davanti agli altri, è decisivo per alcuni, come per Hadi, che una sera riesce a salire 17 metri sorprendendo tutti e provocando emozione e lacrime tra compagni e professori (« non credevo che ce l’avrebbe mai fatta…»). Qualcosa di speciale è successo in sala, di fondamentale nella sua vita: infatti (lo sapremo alla fine dell’esperienza), da quel momento in poi, Hadi sarà capace da solo di stabilire il parallelo che gli è mancato nella scuola, perché contrariamente ad ogni aspettativa, riuscirà non solo a scalare la vetta, ma ad essere ammesso al diploma professionale.

In montagna - gli elementi osservati:
· la paura: i giovani hanno osato dire «ho paura» e hanno accettato la paura come parte integrante dell’esperienza. La paura diventata un alleata, una guardiana dei limiti da non superare;
· la fiducia in sé, nell’altro: «non avevo fiducia, ma siccome sono una persona integra, ho ascoltato e mi sono lanciato» dice Hadi che, con l’incoraggiamento dei suoi pari e dell’istruttore, costruirà la sua scalata con perseveranza, rispettando i propri ritmi;
· l’abbandono di sé, che Arnaud Desjardins definisce un “gesto interno che interferisce con la nostra abitudine a reagire… l’essenziale è il modo in cui ognuno si pone di fronte a questa esperienza intima… sfuggire o accogliere questa reazione perché ciò che conta è la verità dell’istante, ma senza appropriarsene”;4
· la coesione del gruppo, costruita in sala ma soprattutto in montagna, dove tutti dipendevano da tutti.

 La dimensione “sovversiva” del dispositivo pedagogico è fondamentale perché l’esperienza è originale, disturba il quadro stabilito, è in rottura con la norma. I risultati ottenuti in termini di emancipazione, per gli adolescenti, sono conseguenti: spesso alla ricerca di confronto, di conflitto e di rottura, una pedagogia che va nel “loro” senso non può che esercitare un fascino e una attrazione sulla loro personalità in divenire.

3. Libertà

Il Libero progresso (Last School, Auroville, India)

 Il caso qui presentato è tratto dalla ricerca che ho condotto in India dal 2006 al 2008,5 quello della pedagogia del Free Progress (il “Libero Progresso”), praticata da decenni nella scuola dell’Ashram di Sri Aurobindo“, lo Sri Aurobindo International Education Center” (SAICE) a Pondicherry e riadattato nella sua versione moderna al contesto multiculturale delle scuole di Auroville.6
Nel 1960, la scuola realizza un’esperienza pedagogica guidata dalla compagna spirituale di Sri Aurobindo, Mirra Alfassa detta la Madre. Si tratta di un’esperienza unica nel suo genere, totalmente nuova e libera da programmi ed esami, che ha l’obiettivo principale di “rendere gli studenti felici.”7 Nasce così il Free Progress, un metodo all'interno del quale gli studenti possono orientarsi liberamente verso le loro preferenze mentre progrediscono verso la massima espressione del loro potenziale. Le materie di studio sono selezionate sulla base dei loro interessi principali, mentre l'insegnante ha il compito di guidarli e illuminarli su di un punto o su un altro, rivestendo così la figura di “colui che dissipa le tenebre” (in sanscrito il guru), in una posizione distante e presente allo stesso tempo.

Il Free Progress è considerato ancora oggi una delle più originali pedagogie dal punto di vista della sperimentazione, e si basa sui seguenti principi:
- l'educazione ha il compito di guidare l'individuo nell’esplorazione di se stesso e di ciò che nasconde nel più profondo della sua coscienza;
- lo sviluppo della coscienza è la condizione necessaria all'umanità per attraversare l’attuale crisi nata da uno squilibrio tra un progresso materiale sproporzionato e un progresso spirituale insufficiente;
- la questione più importante riguardante l'esistenza umana è filosofica ed ontologica, e riguarda cioè il fine ultimo della vita dell'individuo.

Nel tentativo di rispondere a quest’ultima questione, l’approccio educativo qui descritto si propone di sviluppare tutte le dimensioni e tutti gli aspetti della persona: il fisico, il vitale, il mentale, l’emozionale e lo spirituale, ed è quindi “integrale”.
Questa indagine mi ha portato a costatare gli effetti spettacolari di tale pedagogia sugli studenti di Last School, una scuola di Auroville corrispondente al liceo: quanto prima sono lasciati liberi di muoversi verso i loro interessi, tanto meglio essi sono in grado di formarsi una personalità sicura, curiosa e aperta al mondo. “La libertà significa scelta. La scelta significa che tutto è proposto e che lo studente sceglie ciò di cui la sua natura ha bisogno per progredire."8 Pertanto, non è necessario in questo contesto che l'insegnante o l’adulto “pre-guidi lo studente o lo obblighi ad uniformarsi ad un curriculum che non gli si confà” come affermava Sri Aurobindo.9
Nella tradizionale scuola dell’Ashram, oggi il Free Progress è disponibile solo per gli studenti del liceo, mentre in alcune scuole d’Auroville, esso è sperimentato fin dal livello elementare. L'elemento comune in queste scuole dove “fa del bene andare” è il benessere e la gioia leggibile dalla luce che emana dagli occhi dei giovani. Le numerose testimonianze di studenti e docenti concordano: “la cultura di questa educazione è quella di aiutare il bambino a dirigersi verso la gioia di imparare. Siamo lontani dalle punizioni, o dal desiderio di ottenere buoni voti, o di primeggiare sui compagni di classe. Qui si tratta di imparare per la gioia di imparare.” Sulla base delle osservazioni comportamentali realizzate dalla ricerca, possiamo dunque affermare che il Free Progress è una percorso di educazione alla gioia sia per lo studente che l'insegnante.
 
4. Conclusioni

Ognuno degli esempi citati mi sembra rilevante dal punto di vista di chi come me, fa della gioia e del piacere di apprendere nel processo evolutivo, l'obiettivo di ricerca principale in educazione. Per ognuna di essi il percorso è differente, tanto quanto lo sono i contesti culturali e sociali di appartenenza. Ciononostante, nell'obiettivo di individuare dei valori comuni, tutte le pedagogie citate propongono un percorso di “autorizzazione” del ragazzo, un cammino che lo renda “autore” e non un agente passivo della propria vita, un processo che è fondamentale nella fase dell'adolescenza. Esse si basano essenzialmente sulla riconquista della fiducia, su di un’auto-valorizzazione che è sempre disgiunta dalla sublimazione dell'ego. Tutte partono alla riscoperta del “tesoro” che ognuno ha in sé, facendo inoltre della celebrazione della gioia che questo incontro provoca, un atto pedagogico.
La gioia, ricordiamolo, è etimologicamente “legame” o meglio "reliance" con se stessi e con gli altri. E se è vero che “l'entrata in sé apre all'altro”, si tratta per noi in questo caso, di completare l'ingiunzione filosofica del “conosci te stesso” con un invito a riconoscere anche la propria fonte di gioia. Questo ci ricorda l’indispensabile ruolo dell’eros nell’educazione, eros come insieme di desideri, piacere di trasmettere e amore della conoscenza agli allievi, attraverso il quale è possibile “superare il godimento che si attacca al potere, a favore del godimento che si relaziona al dono” come dice Edgar Morin.10
Perché questo avvenga, io credo che dobbiamo aggiungere all'eros di Morin, l'intelligenza del cuore,11 essendo il cuore, il luogo in cui si ristabilisce il legame con la gioia. Si potrà quindi riconoscere la gioia negli studenti, allorché ad esempio essi saranno in contatto con l'Arte (come nelle scuole del Free progress o nelle Rives du Rhône); con la creazione della propria opera, il loro “capolavoro” (come nelle Rives du Rhône, ma anche come nelle scuole Waldorf – Steiner, per mancanza di spazio non citate in questo contesto); o con la natura e l’emozione che lo spettacolo naturale e la sua condivisione provocano invariabilmente (come nel progetto “Primo di cordata”).
Tre secoli fa, Spinoza ci indicava non solo la possibilità ma soprattutto il diritto che ogni essere umano ha di vivere l'esistenza nella verità e nella virtù, e con questo di essere felice, libero, gioioso... Egli definiva la gioia come “potenza d'azione”, un'energia che va di là del soggetto per diventare collettiva. Nel periodo attuale, di crisi ma anche di trasformazione in tutti i campi dell’“umano”, le risposte in atto, comprese le nuove soluzioni educative qui proposte, sembrano dirigersi verso tale “potenza”. La mia constatazione è che sempre più scuole “che rendono i nostri figli felici”12 stanno nascendo in ogni paese del mondo, compreso in Italia: sono scuole sperimentali, originali, differenti, innovative, impensabili e sicuramente scomode per il sistema e l'istituzione.
Per finire, io credo che spetti a ognuno di noi, genitori, insegnanti, studenti, il compito di cambiare radicalmente la scuola di oggi (quella che ci rende infelici…), per inventarne una nuova. Sono convinta che la sola condizione richiestaci per questo cambiamento, sia la nostra reale disponibilità a cambiare.
 
 
NOTE
1 Pierre -Yves Albrecht, J. Zermatten L’Archer blanc Ketty et Alexandre
2 Pierre Bourdieu, La misère du monde, Seuil, 1993
3 Pascal Duret, Anthropologie de la fraternité dans les cités, Puf, 1996
4 Arnaud Desjardins, Bienvenue sur la Voie, la Table Ronde
5 Antonella Verdiani L’éducation à la joie: un exemple d’éducation intégrale dans les écoles d’Auroville (Inde), Tesi in Scienze dell’educazione, diretta dal prof. René Barbier, Università di Paris VIII, 2008.
6 Definita dai suoi abitanti, un "laboratorio" di umanità, Auroville è sostenuta dal 1968 dal governo indiano e dall'UNESCO. Auroville "vuole essere una città universale, dove uomini e donne di tutti i paesi possano progressivamente vivere in pace e armonia al di sopra di ogni credo, opinione politica e nazionalità. Lo scopo di Auroville è di realizzare l'unità umana"(www.auroville.org). La città oggi conta circa 2500 abitanti provenienti da 44 paesi diversi.
7 Secondo le parole stesse di Madre, in G. Monod-Herzen, J. Benezech L’école du libre progrès, Plon, 1971
8 Intervista del 6 marzo 2008 à Croquette, insegnante ad Auroville dal 1975.
9 Sri Aurobindo, La synthèse des yogas, Sri Aurobindo Ashram Trust, Pondichéry, 1984.
10 Edgar Morin, et al. Eduquer pour l’ère planétaire, Balland, 2003
11 Isabelle Filliozat, L'intelligence du coeur : Confiance en soi, créativité, aisance relationnelle, autonomie Marabout, 1998
12 Dal titolo del libro dell'autrice, Ces écoles qui rendent nos enfants heureux, Actes Sud, 2012.

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