Ho assistito negli ultimi 30 anni di vita professionale, passata più o meno a contatto con i bambini, a un grosso cambiamento nel loro modo di ammalarsi. All’inizio bambinigiannidegli anni ottanta lavoravo come medico scolastico nelle scuole materne, elementari e superiori. Periodicamente ricevevo le statistiche comunali che  riguardavano la diffusione delle malattie infettive, in quanto si era direttamente partecipi alla loro compilazione. Uno dei compiti del medico scolastico era infatti quello di riammettere i bambini dopo le malattie acute, di registrarne la causa e di trasmetterle all’ufficio responsabile.
Si vedevano ancora malattie esantematiche e soprattutto le si riconosceva con facilità in quanto mantenevano quei tratti comuni e tipici delle varie manifestazioni. Ora invece sempre di più ci si arrampica sugli specchi per cercare di riconoscere quelle poche forme che riescono a sopravvivere.
Ma perché fanno così paura da volerle debellare a ogni costo?

In parte forse per l’idea tuttora così presente delle epidemie del passato, per l’immagine della morte, del contagio ancora così attuale nel nostro subconscio.
Inoltre si tende a sottovalutare la possibilità di un loro contenimento attraverso la conoscenza delle vie di trasmissione e dei cambiamenti igienici che ne conseguono.                                      
Nel momento in cui si sa per esempio come avviene il contagio del virus dell’epatite A si modificano i comportamenti in modo da evitare le situazioni a rischio. Queste attenzioni hanno nel tempo sempre più inciso nell’andamento delle forme epidemiche più di qualsiasi vaccino.
Un’altra possibile causa per cui ci si scatena contro le forme infettive  acute dipende dal fatto che questa lotta dà all’uomo l’illusoria sensazione di essere onnipotente, di sgominare con i suoi mezzi le malattie, di poter controllare la natura.
Certamente nel campo medico si sono fatti passi da  gigante però a volte la possibilità di manipolare prende il sopravvento e non si considerano la complessità e le ripercussioni che si producono quando si alterano pesantemente i meccanismi biologici.

Nel caso delle malattie acute o infettive infatti è necessario per prima cosa riconoscerne il ruolo e l’importanza prima di accanirsi contro di esse in maniera sistematica. Capire fino a che punto fanno parte di un normale processo di sviluppo dell’essere umano o quando possono essere pericolose.
Tutti siamo un’unità, ormai questo concetto sta entrando sempre più nel pensiero comune, le medicine naturali si stanno diffondendo a macchia d’olio e il termine olismo è sempre più abusato. Essere un tutto significa che, come sostenevano i filosofi greci, ogni essere umano come ogni animale, ogni cosa che ci circonda, è animato da una energia vitale.
L’organismo, secondo la visione vitalista, è un  microcosmo dinamico di energie che naturalmente sono interdipendenti fra loro e con quelle esterne.
Questo concetto sottende il fatto che la vita dell’uomo è costituita sì da fotografie del momento in cui vive la persona, ma sono collegate fra di loro; come un film che è formato da singole immagini, che fanno però parte di una storia più articolata e complessa.
Le malattie acute e soprattutto quelle esantematiche dell’infanzia, in quanto dovrebbero caratterizzare quel periodo di vita, hanno quindi una loro funzione non solo fisica, ma anche emotiva e in senso lato  energetica sullo sviluppo del bambino.

Come spiegano bene gli antroposofi il bambino nei suoi primi anni di vita compie uno grosso sforzo legato alla sua individualizzazione.
L’essere individuo è infatti “il risultato di uno sviluppo durante il quale l’ego deve prevalere nel confronto con gli ostacoli”.
Le malattie infettive sono una delle espressioni di questa lotta necessaria per la propria crescita, come a livello emotivo possono essere
le prime regole e i primi no, o a livello motorio le prime cadute importanti per permettere di formare una relazione adeguata con il proprio corpo e con lo spazio. Naturalmente questo non vuol dire mettere il bambino allo sbaraglio degli eventi perché deve diventare “forte”,
non lo diventerebbe in ogni caso senza un adeguato sostegno da parte dei genitori e degli educatori, però non farlo sperimentare porta a uno sviluppo non completo.


La febbre

Quando si parla di malattie acute il primo pensiero va alla febbre solo come sintomo potenzialmente pericoloso. Quest’ultima invece, se osservata e  eventualmente aiutata e non soppressa in caso di eccessivo fastidio per il bambino, svolge una azione fondamentale nella crescita e nell’individualizzazione del bambino.
Quando si nasce la maggior parte delle informazioni arrivano dalla madre, se si pensa anche solo a livello immunitario attraverso il latte si passa al figlio  la propria “conoscenza”, piano piano poi il bambino diventa  sempre più in grado di sintetizzare i propri anticorpi  creando quindi una sua individualità e non solo immunologica. La febbre amplifica questo  processo in quanto accelera la distruzione delle vecchie proteine (materne) e aumenta la velocità di sintesi delle nuove. Si inizia quindi a creare un proprio bagaglio immunitario che si porterà per tutta la vita.
Bloccare lo sforzo che sta compiendo sopprimendo la temperatura può portare alla formazione di proteine non complete che, in certi soggetti predisposti, può scatenare nel tempo risposte immunitarie non adeguate.
Da queste poche riflessioni emerge che la soppressione della febbre o l’uso del vaccino che impedisce la manifestazione della malattia acuta provoca a lungo andare da una parte un sistema immunitario non  sufficientemente formato e a volte non in equilibrio con possibilità a medio termine di sviluppare malattie allergiche o autoimmuni e dall’altra parte uno sviluppo più difficile della propria individualità, del proprio Io.
In poche parole il tentativo di eliminare le forme acute con il tempo sta provocando a livello generale un aumento delle forme croniche e degenerative.
Anche per gli adulti, se non defedati, la febbre che può comparire per esempio nelle forme influenzali stagionali ha una sua funzione che è quella di alleggerire il carico cronico del soggetto o di tenere sempre in attività il    sistema immunitario. Basti pensare solo allo possibilità che ha l’organismo di interrompere il ritmo usuale, di riposarsi, di staccare delle solite dinamiche, dai soliti alimenti e dai soliti lavori; in quel momento si rinnova per poter riprendere rinvigorito la sua vita.
Naturalmente non è sempre così perché in caso di soggetti con poca energia vitale o con malattie croniche importanti lo sforzo per bypassare la malattia può essere talmente forte da indebolire ulteriormente l’organismo, il soggetto in questa situazione deve essere accompagnato con un adeguato supporto per ottenere gli effetti benefici che la fase infiammatoria può apportare.

Il tentativo di far scomparire le malattie infettive e esantematiche dell’infanzia sta modificando la  reattività del bambino, compaiono sempre più  manifestazioni allergiche (dermatite, asma, bronchiti asmatiche, tossi) oppure disturbi ricorrenti per esempio tonsilliti o otiti o bronchiti che tendono a ripetersi in quanto i bambini fanno più fatica a superare con i mezzi che hanno la malattia e la devono riproporre in continuazione.
Oppure si hanno quelle poche malattie infettive, che non sono state ancora soppresse dall’uso dei vaccini, in modo anomalo. Per esempio si assiste a infiammazioni tonsillari ricorrenti causate dallo  streptococco responsabile della scarlattina,
oppure varicelle virulente che in passato non si vedevano più e che fanno inneggiare a un uso maggiore del vaccino che è entrato in uso negli ultimi anni.
Inoltre, come già detto, la scomparsa di vecchie forme microbiche che il nostro organismo conosce da tempo anche attraverso il passaggio nelle generazioni passate, per cui la risposta contro esse fa ormai parte del sistema immunitario, lascia spazio a nuove forme che, quando compaiono, mettono l’ organismo in una situazione di sforzo eccessivo in quanto non ha informazioni adeguate e deve formare totalmente la risposta.
In poche parole le nostre difese non si sviluppano in  modo idoneo, la fase acuta non permette lo scarico di tensioni emotive e fisiche attraverso la manifestazione della sua fase critica e per finire si lascia uno spazio per la comparsa di nuove forme più aggressive per il nostro organismo.


I farmaci

L’altro aspetto da prendere in considerazione anche se non di completa comprensione è l’uso e abuso di farmaci nel bambino e soprattutto nelle sue varie fasi di vita. Mentre è più semplice capire cosa può provocare una soppressione continua della febbre per mezzo degli antipiretici, o l’uso prolungato e ricorrente degli antibiotici, più difficile è pensare cosa può provocare l’uso del cortisone in età infantile.
Essendo un ormone le sue ripercussioni avvengono a livello emotivo e fisico. Oggi si tende a usarne sempre di più iniziando dall’infanzia, dalla nascita, se compaiono delle dermatiti, per continuare con le prime forme infettive abbinandolo agli antibiotici per potenziarne l’azione.
Sappiamo che oltre agli effetti antinfiammatori è un immunosoppressivo con quindi una maggiore possibilità di abbassare le difese immunitarie e di fare entrare il bambino in un circolo chiuso di malattie trattamento e di nuovo malattie, ma cosa muove a altri livelli è più difficile a dirsi.
Naturalmente si conoscono le forme di sovradosaggio, ma cosa cambia in maniera più sottile in un bambino in crescita non è semplice da raccontare.
Da un punto di vista emotivo può dare cambiamenti dell’umore con un aumento dell’aggressività, irrequietezza, insonnia.
Stimola la formazione del glucosio, diminuisce la sua   utilizzazione periferica e ne aumenta la riserva come  glicogeno oltre a aumentarne
la concentrazione ematica.
Per quanto riguarda le proteine accelera il loro  catabolismo per cui c’è una riduzione dei vari tessuti linfatici, ossei, muscolari, cutanei con diminuzione di tono e massa per un riassorbimento della matrice  proteica di ogni organo. Si può anche presentare una distribuzione differente del grasso con un aumento nella parte alta del corpo, viso, collo, nella parte posteriore, area sopraclavicolare, e una diminuzione della sua distribuzione alle estremità.
Agisce sugli elettroliti e soprattutto, in usi prolungati, provoca una alterazione nella più ampia regolazione ormonale.
A questo punto non sarebbe forse meglio rinforzare  naturalmente il sistema immunitario invece di lottare contro nemici “esterni” che cambieranno forma, dimensioni, virulenza, ma ci saranno sempre?

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