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FATTI di TESTA è il titolo che abbiamo dato a quest'ultima uscita (è un numero doppio) del nostro periodico, per rappresentare il tema che abbiamo voluto proporre: il troppo pensare o la fede nel pensare che la razionalità, la logica apparenza di ciò che ci sembra realtà, sia l'unico o il miglior strumento per vivere, per affrontare le circostanze della vita a qualsiasi piano un avvenimento si renda più manifesto. E, infine, l'atteggiamento a voler avere tutto sotto controllo, una rigida vigilanza sul flusso delle cose, che siano avvenimenti esterni o emozioni e vissuti interiori.

Si va a solidificare sempre più una sorta di ipertrofia intellettiva che schiaccia il sentire, le nostre percezioni, i sensi che si aprono al non visibile.

Un numero ricco, con aerticoli che declinano l'argomento da punti di vista diversi e con metodologie e studi differenti: dalla medicina omeopatica alla relazione d'aiuto con il counseling e il lavoro con la "persona" e il Qigong; la vista con il metodo Bates, la bocca e l'odontoiatria naturale... ma ancora molto altro.

L'intervista a un giovane regista che ha portato un capitolo della storia di Firenze nelle sale cinematografiche d'Italia e oltre, con il suo film "L?Universale".

Attualità, tecnologia, alimentazione.... ma anche recensione psicoanalitica di un bellissimo film e per la rubrica Libri, l'analisi dell'affascinante storia giallo-noir del contemporaneo autore cinese Qui Xiaolong.

 

 

 

 dall'articolo di Rita Vitrano

" [...] Il rischio è di inglobare nozioni e ideologie che, se non metabolizzate e fatte individualmente proprie, possano generare equivoci, false conoscenze, persino facili alibi.
Il conoscere presuppone un’elaborazione sincera e vissuta del sapere nozionistico, servono l’esperienza, il corpo, gli stimoli emozionali, il vivere il momento in cui si è, per avvicinarsi a un cambiamento autentico, capace di rivelarsi a mano a mano negli atteggiamenti verso il mondo.
Fermare nella nostra testa tanti pensieri, che non hanno modo di integrarsi con le altre parti, non può trasformare la nostra vita, ci potrebbe far coincidere con filosofie intelligenti e affascinanti, e alla fine limitarci e generare altra separatezza.
Quando siamo rinchiusi nella nostra mente non riusciamo neanche a comunicare, nella relazione con l’altro la nostra presenza non arriva, non viene percepita....
...Il “capo” ha assunto una posizione di egemonia e induce a considerare ciò in cui si identifica come sapere, intelligenza, cultura, qualificandoli in qualche modo superiore al corpo.
La testa non fa sentire che se stessa, e induce ingannevolmente a una falsa difesa dalle emozioni, dal dolore e dall’esperienza  di attraversarli positivamente, capacità questa unicamente propria dell’essere umano che così trova risorse, fiducia in se stesso, e ricerca di senso nella sua esistenza.
La facoltà del pensare è un movimento che non ristagna dentro il guscio cranico, è  espressione di un continuo processo psichico attraverso il quale l’essere umano prende coscienza di sé e può confrontarsi nella relazione con altro da sé.
Un indifferenziato ingorgo di cognizioni, di “lo so” ostacola la crescita. Noi pensiamo con la nostra psiche, con l’immaginazione, con il linguaggio. [...]

 

 

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