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Tutto quello che vorresti chiedere al tuo dentista, mentre hai le sue mani in bocca….

A come “AAAHH!!”
Ossia quell’esclamazione raggelante che, nel contesto di cui disquisiamo, evoca quel dolore sordo o trafittivo che abita l’immaginario e gli incubi di tutti coloro che un qualche conto emotivo aperto, continuano ad averlo, con le manovre odontoiatriche…
Di fatto, nella realtà, tale esclamazione di disperazione è sempre meno frequente, per fortuna, perché l’Anestesia ha messo pace tra fantasmi aleggianti attorno alla obbligata rassegnazione al sotto-porsi alle manovre dentistiche e quell’incontrollabile istinto di fuga che, con fatica, veniva represso dai pazienti di qualche generazione fa… Ma qualcosa ancora rimane nel codice della memoria collettiva.
La bocca è un territorio estremamente innervato e, di conseguenza, di una sensibilità estrema, basti vedere nei testi di neurologia, le rappresentazioni sensoriali distribuite sulla nostra corteccia cerebrale, relative a labbra, lingua e denti. Ogni manovra che venga effettuata nel cavo orale, ha un grande riverbero a livello sensoriale, con in più il “fardello” che tutto viene poi messo in atto senza che il paziente veda direttamente alcunché .
A completare lo stato di ansia, c’è poi lo stato di coscienza, di chi è “sotto i ferri”, che in quei momenti è estremamente vigile, attivo, e indubbiamente “allar-mato”.
L’Anestesia locale può venirci in soccorso insieme ad un banale specchio che permetta ai pazienti, che vogliano “partecipare”, di seguire le manovre (i più tecnologici hanno addirittura le telecamere, con un risultato clinico, di fatto “sovrapponibile a quello ottenuto con il semplice specchio, per ciò che interessa al paziente...). Chiedete al vostro dentista di poter seguire la terapia con uno specchio, questo dissiperà tante fantasie funeste e tutto apparirà molto più chiaro, aumentando di buon grado la consapevolezza dello stato di salute della vostra bocca.
Ma l’A di Anestesia, richiama l’A di Allergia.
Un tempo si diceva che la possibilità di incappare in un soggetto con reattività immunitaria ai principi attivi ed eccipienti contenuti negli anestetici locali, era pari a quella di riuscire a vincere con una schedina semplice al totocalcio. Questo ci ha fatto dormire sonni tranquilli per anni, ma i bei tempi son finiti, da questo punto di vista!
Nella nostra epoca di sensibilizzazioni in incremento, non è mai abbastanza la scrupolosa indagine su pazienti che abbiano manifestato, anche in forme lievi, stati di ipersensibilità e intolleranze a farmaci o alimenti, e quindi abbiano registrato in passato segnali da “terreno reattivo”. Non tralasciate mai, quindi, di avvertire il vostro dentista, anche di quella volta che casualmente vi siete coperti di puntolini rossi o avete avuto uno stato di malessere generale dopo aver avuto contatto con un certo farmaco o cibo… questo è importante!

B come “Bugiard com’un Cavadent!!!”
Questo mi disse un anziano signore del Nord Italia, quando gli confessai, non senza un certo pudore, che tipo di lavoro facessi… Ero pentita di aver rivelato questo “lato scomodo” della mia vita, e non aver assecondato la tentazione di mentire raccontando che mi guadagnavo da vivere con un più simpatico e invitante lavoro di segretaria, fioraia, pasticcera… A quel punto, ormai, il rapporto era già inquinato e la sua etichetta me la son sentita sulla fronte come una banana col suo bollino giallo… Caricata della responsabilità di riscattare una categoria per tanti aspetti del suo passato “indifendibile”, ho cercato di decodificare quel terribile e urticante“Bugiard!”. Molte riflessioni si sono susseguite nella mia mente.
La nostra categoria è stata, ahinoi!, territorio di scorrerie di un abusivismo selvaggio.
L’aspetto, se vogliamo, artigianale di alcune manovre pratiche, tipo “tappare un buco su una mola”, o appunto “cavare un dent”, ha lasciato degli spazi operativi a odontotecnici, ancor peggio, agenti di commercio, o chiunque avesse un minimo di manualità e un buon grado di faccia bronzea… il resto l’ha fatto l’aspetto “economico commerciale”. L’abusivo lavorando fuori dai controlli fiscali, igienici, e soprattutto scientifico-culturali, può permettersi di abbattere le tariffe, screditando  una buona parte di odontoiatri onesti che dopo anni di studio, scelta accurata di materiali e assunzione di responsabilità medico-sanitarie e fiscali conferiscono a ciò che fanno un valore e una professionalità che non è esagerato definire di eccellenza.
Difficile, con il livello che va di anno in anno aumentando, di buona cultura odontoiatrica, che il dentista, quello vero, sia un bugiardo… Il livello diagnostico è sempre più elevato e le conclusioni sono sviscerate con molta trasparenza con i pazienti. Solo chi lavora senza sapere cosa c’è dietro a quell’insieme di denti e mucose, se non una miniera di soldi facili da guadagnare, millantando diagnosi e soluzioni grossolane e superficiali da “cavadent”, può essere annoverato tra i perfidi e sempre in agguato “BUGIARD”!

C come Carie
Facile!!!, direte... parlare di C come Carie per una dentista... Ma voglio fare una piccola chiosa alla parola Carie, inserendola nel contesto del terzo millennio e alle nostre latitudini. Mentre il Rover Curiosity trova l’acqua su Marte e ormai sappiamo tutto sul Bosone di Higgs, in questa nostra società, ancora si combatte con la carie dentale.
Tutto questo, nonostante tutte le campagne di sensibilizzazione all’igiene dentale, i controlli, le demonizzazioni dei cibi cariogeni con relativo ostracismo dalle diete dei più ossessivi…
Poi, al controllo annuale, arriva, spietata, come una spada di Damocle o una condanna divina la Carie maledetta… ma allora cosa dobbiamo fare? Abbiamo investito fortune su dentifrici, collutori, spazzolini, ci siamo fatti una cultura sulle caratteristiche fisico ambientali del dannato Streptococco Mutans, abbiamo persino intensificato i controlli con il dentista… ma, “lei”, la carie, rimane sempre un nemico subdolo, infido e sempre pronto a scatenarsi…
Purtroppo nella multifattorialità dell’”evento carie” un nuovo aspetto sta prendendo sempre più spazio, lo stress meccanico.
Il serramento e il digrignamento considerati ormai delle vere e proprie funzioni di autodifesa del nostro organismo, (vedi alla D), a lungo andare creano nei prismi dello smalto delle microscopiche infrazioni che, a poco a poco, aprono dei percorsi privilegiati per il nostro “convivente” Streptococco Mutans, che sonnecchia normalmente nella nostra saliva, pronto a risvegliarsi, e addirittura incarognirsi, per l’effetto combinato di un’aumentata acidità del nostro ambiente orale e inaspettati, interessanti varchi sulle superfici smaltee dei denti, dovuti a compressioni e traumi ripetuti perpetrati nel corso della notte e/o in fasi più faticose della nostra esistenza, sempre più “impegnativa”… Testimonianza di questo, è che il “nemico carie” si presenta, sempre più infido e sleale, nelle zone più sollecitate dalle compressioni di cui sopra, ossia quelle più delicate dei colletti !
Quindi, i famosi “buchini” hanno esordio in zone più difficilmente verificabili clinicamente, (ahh! le belle carie sulla superficie masticante, di una volta, non si vedono più!!) e purtroppo, verranno diagnosticati solo quando il processo distruttivo avrà raggiunto un’estensione ampia sui tessuti duri del dente colpito… cacciando il povero malcapitato paziente nella più profonda prostrazione e senso di impotenza, nei confronti di un evento temuto e di conseguenza sempre sotto stretto controllo dal punto di vista igienico per mezzo di tutte le strategie possibili e immaginabili…
Fate caso, se vi è stata diagnosticata una carie, a quanto siete stati in tensione nei mesi che hanno preceduto l’infausta scoperta… sarà facile trovare una causalità da stress!
Questo fatto, assolutamente non consolante, può far vivere l’evento con un po’ di consapevolezza in più e con un minor sentimento da “fatalistica condanna del Cielo”…

D come Digrignamento
E’ stato dimostrato da una serie di studi scientifici con l’utilizzo della risonanza magnetica cerebrale, come il digrignamento e il serramento siano meccanismi in grado di modulare l’attivazione di aree cerebrali, che normalmente si “accendono” in concomitanza di eventi stressanti. Quindi siamo passati dal considerare il Clenching e il Grinding (secondo la nomenclatura scientifica internazionale) da disfunzioni da combattere, a parafunzioni da scongiurare, fino ad arrivare, attualmente, a identificarli come vere e proprie funzioni difensive, con le quali l’organismo si protegge dalla cascata neuro-ormonale dello stress.
Il compito dei dentisti è quello, quindi, di decodificare il significato delle aree di usura dei denti o di sovraccarico di gengive e articolazioni temporo-mandibolari e di proteggere tutto il sistema da eventi che oramai sappiamo essere sostenuti da una propria fisiologica modalità e dare al paziente una interpretazione che lo aiuti a penetrare la vera motivazione di quello che sta accadendo nel proprio organo masticatorio, lavorando più sui nessi causali che sulla passiva accettazione di un deterioramento strutturale di un organo non a caso definito di “Difesa”…  E ancora ...

D come Dentosofia
la bocca è un organo complesso, che nel proprio articolato divenire racchiude i messaggi dell’iter evolutivo dell’individuo nella sua globalità.
Leggere oltre quello che la nostra odontoiatria imperante e meccanicista ci ha sempre insegnato ci permette di accogliere e approcciare gli eventi “patologici” delle bocche che esaminiamo, con ancora più rispetto e delicatezza.
L’organo masticatorio racchiude in sé un’enorme quantità di messaggi e significati simbolici… ma! Attenzione!! Non a tutti piace che il dentista vada a “sfrugugliare “ sulle intimità recondite del proprio cavo orale… Quindi partendo dal presupposto che il nostro ruolo di “tecnici” sta evolvendo verso una modalità olistica e, in questo, ci viene sempre più richiesta una preparazione scientifica e umana, approfondita e allargata, sono dell’idea che sia sempre più importante ed impellente, più che altro, un percorso di “crescita” personale, per noi “operatori” in questi ambiti. Tuttavia il nostro ruolo prevalente deve sempre e comunque restare, quello dei medici-dentisti e non degli psicologi… Credo profondamente che si debba far parte di un’équipe dall’approccio multidisciplinare in cui ognuno porti avanti al meglio il proprio compito in una integrazione finale che faccia da network affidabile ed efficiente per il paziente.
Detto questo, è impossibile resistere al fascino dei testi di Dentosofia…

E come Empatia, come Emozioni…
Altro tema bomba… ma qui le parole possono veramente essere superflue e ridondanti… come del resto, si potrebbe trascorrere una stagione ad approfondire un tema dalle mille caleidoscopiche sfumature come questo.
La partecipazione emotiva alle vicende umane è una profonda gradazione dell’anima, che sostiene chi, ad un certo punto    decide di occuparsi della salute altrui… questo però non viene riconosciuto ai dentisti… anzi normalmente si cerca di intravedere un filino di sadismo alla base di una scelta che nella migliore delle condizioni si attribuisce ad una bramosia materiale e venalità, tale da farti vergognare (vedi “B”). Ho un buon     rapporto con i pazienti e il fatto che mi “vogliano bene” si manifesta in maniera inequivocabile quando all’apice delle dichiarazioni d’affetto, mi dicono… ”che lavoraccio che fai… ma come mai una persona come te (!), ha deciso di scegliersi una professione del genere?” (vedi “F”), oppure (e qui si legge quasi l’amore!).. “d’altra parte… ho avuto delle esperienze, che tu sei tra le meno peggio…!!”. Ho avuto dei traballamenti personali i primi tempi… e ho scavato nel passato per scovare traumi psicologici rimossi che giustificassero una tale “efferata” scelta professionale… ma invano. E quando soffro per situazioni importanti che mi trovo a trattare, e quando mi porto a casa mentalmente e non solo, il lavoro, ho avuto la sensazione di non avere i requisiti per incarnare il modello standard del dentista tipo.
Ma la cosa veramente “spettacolare” è che quando ti confronti con la maggior parte dei colleghi, ai congressi, ai corsi, o al supermercato, ti trovi a condividere questo stato d’animo. Liberi da cliché antichi che proteggevano e mascheravano i nostri predecessori di qualche generazione fa, adesso viviamo la certezza di aver abbracciato una professione delicatissima, sia dal punto di vista tecnico che Empatico (divago, ma poi torno a casa…). Frotte di dentisti non si accontentano e cercano, approfondiscono e si dissociano dai facili progetti della cartellonistica stradale o degli spot turistico-dentistici che mi offendono e mi fanno vergognare (vedi di nuovo “B”).
Quale ortopedico farebbe una cosa del genere? Quale oncologo, quale gastroenterologo, quale omeopata? Un ematologo?... Non trovo giustificazione a questa modalità… quando ormai sappiamo che c’è tanto di più dietro a quel sorriso… E’ oramai acclarato che il percorso di una riabilitazione orale è lungo,   meditato, approfondito, e soprattutto adattato alle esigenze e alle caratteristiche anche emotive del paziente… e qui scatta il rapporto, la fiducia, l’Empatia… e soprattutto il Tempo.
Ci vuole tanto tempo e dedizione per ricevere la fiducia di chi ti affida i propri denti…

F come tutti i Film in cui si incontrano i Feroci dentisti
E’ oramai dimostrato: il mondo del cinema la mette giù dura con i dentisti! Quanti registi si sono serviti della macchina da presa per sublimare il loro pessimo rapporto con i denti o con il “macellaro” (questo è uno dei nostri più consumati vezzeggiativi) di turno! La nostra passione di dentisti-cinefili viene spesso raffreddata dalle rappresentazioni che di noi vengono offerte, in cui si sottolinea che la crudeltà è dentista.
Parto dalla scena da antologia de “Il Maratoneta”, in cui il criminale nazista (l’algido, raggelante Laurence Olivier), per dare ancora più enfasi alla sua crudeltà, ha la bella idea di rispolverare la sua originaria professione, il dentista (poteva un nazista avere che so, un centro di toelettatura per cani?) Questo solo per rendere ancora più insopportabile la tortura sul giovane ebreo (Dustin Hoffmann). Questa feroce immagine ha il primato del numero delle citazioni che vengono in media riportate in ambulatorio, dai pazienti, in procinto di aprire la bocca…
Ma Schlesinger, regista dei questo film, si trova in buona compagnia nell’identificare i dentisti con l’odiata categoria dei nazisti. Infatti questa idea è stata simpaticamente sfruttata anche da Peter Greenaway, in un film da titolo “92 Suitcases”, un progetto grandioso in cui ognuna delle 92 valigie è una metafora storica legata all’ultimo secolo… La valigia 46 è una delirante trama di rapporti umani sconclusionati, contrappuntati dal passaggio di un tipo, facilmente identificabile con un dentista con camice, ma con cappello beige con tanto di svastica, che, brandendo minacciosamente una siringa, senza emettere una parola, si aggira sugli scenari, con il malcelato disegno di anestetizzare il primo sventurato che gli capiti a tiro…
Poi c’è “The Dentist” un terribile horror, con una frase come sottotitolo talmente orrorifica da apparire idiota e degna quindi di sberleffi, del tipo: “Pensi di avere problemi di gengivite o carie nella tua bocca? Non andare dal dott. Tizio, perché potrebbe chiudertela per sempre”, mentre sopra campeggiava un tristo trapano grondante sangue. Ridevo di quel facile PULP ogni volta che mi tornava in mente quella precisazione. Ho saputo in seguito che è uscito il sequel “The Dentist 2”!
Tra i più “spassosi” vogliamo non citare il Dentista Orin Scrivello (Steve Martin) de “La piccola bottega degli orrori”? Segni particolari: prova piacere a vedere gli altri che soffrono. Un concentrato di luoghi comuni sul tema “bastardo”: cattivo fin da bambino, gode nel rimembrare le turpitudini da lui perpetrate durante l’infanzia, intercettate da parte della madre come una inequivocabile vocazione all’odontoiatria.
Una chiave psicanalitica più raffinata l’hanno cercata Gabriele Salvatores e Domenico Starnone in “Denti”, uno spiraglio sul rapporto denti-anima più da lettino del Dott. Freud che da poltrona dentistica. Grande l’intento, ma come al solito anche Salvatores non resiste alla tentazione di risolvere la figura degli odontoiatri con stereotipi sadici e disumani.
L’impronta presa dal dentista Riccardo Zinna è uno dei turbamenti da soffocamento più ossessivi dei pazienti. Terribile la scena dell’estrazione degli incisivi di Rubini da parte dell’impossibile dentista Paolo Villaggio, più mostro dell’inconscio che mai, in una ambientazione da oscuri recessi di anime traumatizzate… da rimanere attaccati alla sedia… Consigliato a terapeuti della psiche e dentisti molto evoluti. Severamente Vietato agli odontofobici! Piccola finestrina nella psiche di Salvatores… in “Marrakesh Express”, Abbatantuono viene accompagnato dal dentista che è un tedesco dagli occhiali ambrati e il camice insanguinato, ma soprattutto ha lo studio professionale in mezzo ad un suk marocchino e al piano superiore dell’immancabile macelleria. A questo punto mi piacerebbe leggere l’anammesi odontoiatrica remota di questo regista…
Passando alla filmografia per l’infanzia, dove si plasmano la morale e la sensibilità delle future coscienze, tre sono le pellicole dove i piccoli spettatori possono incontrate delle storie di dentisti molto edificanti.
Il primo è il tenerissimo “Alla ricerca di Nemo”, in cui il meraviglioso pesciolino pagliaccio si ritrova ad assistere, dopo varie peripezie, al lavoro di un dentista, dalla parete di un acquario. I malcapitati pesciotti, che dimorano nella gabbia acquosa, sono estremamente preparati su tutte le manovre, che osservano e commentano con un glossario da veri addetti ai lavori. Ma quello che accade nella stanza ad opera degli umani è una sorta di passerella di gags del peggio di quel che si può vedere in uno studio, in particolare l’urlo del paziente adulto, nel corso della terapia canalare, con il terrore negli occhi… ma l’apoteosi si raggiunge con la terapia ortodontica di Darla, la nipotina del dentista, dalla cui fisionomia caratteriale si evince un annoso dilemma: la cattiveria del dentista è genetica (la piccola Darla è proprio un’infame) o ambientale?… e si diventa cattivi perché si hanno brutti denti o la correzione ortodontica fa incarognire i bambini?… Nemo non dà risposte a così alti quesiti… ma scappa verso l’oceano, là dove la vita è scandita da sentimenti e relazioni, che un tempo si sarebbero definite, più umane …(?)
Willie Wonka del film “La fabbrica di cioccolato” è oramai un icona delle torture perpetrate dai dentisti, ancora più feroci e intransigenti che mai, quando si rapportano ai propri figli, che, da parte loro, possono riscattarsi e liberarsi da questa macchia di essere figlio di dentista solo allontanandosi dal padre. Cosa sublima un rapporto di sofferenza con un padre dentista, si  domanda tra le righe Roald Dhal? Risposta: la costruzione di un impero di produzione dell’alimento considerato più cariogeno al mondo: la cioccolata! Questa è la via alla redenzione per chi ha la sola colpa di discendere da un personaggio psicologicamente disturbato e (nella fantasia anche dei migliori sceneggiatori) professionalmente pericoloso e soprattutto anaffettivo, incapace di esprimere sentimenti neanche al momento in cui, dopo anni di separazione, ritrova il figlio cresciuto e realizzato, al quale riesce a dire in uno slancio di amore paterno: “tutto questo tempo! (e qui il pubblico inumidisce l’occhio)… senza… filo interdentale!” (ricacciate immediatamente le lacrime!). Irrecuperabile!
Una piccola speranza ce la dà “Anche i dentisti vanno in Paradiso”, in cui un’antipatica dentista senza umanità, né scrupoli, muore. La sua animaccia non ha possibilità di accedere alle soglie del Paradiso (ovvio!), ma l’inumana odontoiatra potrà riscattare una vita di birbonate tornando nel mondo sotto le mentite spoglie di fata dei dentini… Quindi, se proprio ci dice bene, dovremo continuare a lavorare anche dopo la morte,     altrimenti inferno assicurato! Questo per le donne dentiste. I colleghi maschi si dovranno accontentare di tornare sottoforma di Topo dei denti, molto meno charmant!

G come GRrrrr!
L’onomatopea disneyana, sulla quale abbiamo spesso modellato il nostro lessico quotidiano, deriva, come abbiamo già visto, dal termine GRrrrinding (vedi la lettera D di Digrignamento) e, attingendo dal nostro background fumettistico, è collegata, sempre ed efficacemente, alla rabbia repressa, al tormentoso soffocamento di collerici strabocchi di bile, trattenuti proprio dai denti stretti, in atteggiamento di minacciosa promessa di chissà quale vendetta… Ma anche il nostrano, popolarissimo, vecchio refrain “stringi i denti e vai!”, ha a che fare con la rassegnata accettazione di quello che, in cuor nostro, potrebbe essere motivo di straordinarie esplosioni di protesta ma… così è!
Quindi alla fine del percorso emotivo-razionalizzante, quando ci siamo ormai convinti che è meglio non andare, come avremmo voluto, in escandescenze, e abbiamo forzatamente spostato la mente su pensieri positivi, ecco che i denti, fra le “tante vittime sacrificali” di quel momento di gioiosa esplosione manifestano le loro “ferite”. E quanto più si saranno sacrificati i denti, quanto più gli organi interni saranno stati protetti dall’onda d’urto degli stress emotivi. Quindi, oramai, lo sappiamo molto bene, i denti sono strumenti non solo di attacco, ma lavorano molto strenuamente in difesa! Poveri!
Ma attenendoci stretti all’argomento, non possiamo bypassare come il GRrrr abbia altrettante forti ripercussioni sulle, mai considerate sufficientemente delicate, Gengive.
Come dico spesso: “lo stress a livello del nostro apparato stomatognatico arriva subito!”. E può decidere, in base alla sua forza, alla sua durata, e alla sua “cattiveria”, di fermarsi a varie stazioni. Ovviamente, la sua fermata è molto legata al più o meno facile passaggio da una stazione all’altra, in base alla “vulnerabilità“ del terreno. La prima stazione è lo smalto dentale, con due   possibili manifestazioni: la prima è l’usura con abbattimento delle cuspidi, la seconda, come sappiamo bene, è la “carie a  tradimento” del colletto. Se però questa, dello smalto, non è la stazione più debole, il digrignamento si manifesterà assai più vilmente, a carico del secondo step di questa scala di conseguenze orali del sovraccarico da “logorio”.
Eccoci dunque arrivati alla G come Gengive, nel loro specifico coinvolgimento nelle manifestazioni da G come GRRRR! La compressione esercitata sui denti, si trasmette al parodonto, determinando l’apertura di vari scenari, nei quali non voglio, anche se poco realisticamente, considerare altre variabili quali la placca, la biochimica degli ormoni e dell’alimentazione, la respirazione orale, lo stato del sistema immunitario, protesi o ricostruzioni non congrue… (inevitabilmente presenti singolarmente o in forma composita…), ma solo il trauma meccanico di cui stiamo discutendo.
Il sovraccarico, limitato nel tempo, può innescare una pressione sulla gengiva aderente, per capirsi quella “giro-giro” al colletto, e determinare una sorta di, più o meno lieve, mancata   irrorazione sanguigna dei microcircolo capillare. La piccola sofferenza da mancato “nutrimento” porta all’atrofia dei quel settore di gengiva e il paziente dice ”mi si ritirano le gengive!”
Oppure, l’entità e la durata del trauma è tale che le sofferenze si estendono un po’ più in profondità e allora la posta in gioco si alza e le strutture interessate sono le fibroline di ancoraggio del dente all’osso e poi l’osso di sostegno stesso, direttamente… E il paziente dice: ”sento il freddo su questo dente scoperto!”
Nel caso in cui, di questa fragilità e debolezza, indotta dal super lavoro meccanico notturno (per i più) e/o diurno (per alcuni), i nostri coinquilini orali, i batteri, se ne approfittino, e, da veri opportunisti quali sono, si scatenino in vere colonizzazioni delle zone “vessate”, ecco che spuntano gonfiori che possono sfociare, nei casi più gravi e perpetuati nel tempo, in produzione di pus e in veri ascessi… E alla fine il paziente dice: ”c’ho la Piorrea!”. E la piorrea, o parodontopatia purulenta, è causa di altro stress e preoccupazione…
Questa, (chiedo perdono!), è la “semplificazione” in forma molto divulgativa, di un fenomeno, in cui gli aspetti sono molto articolati e complessi, voglio però enfatizzare un aspetto, quello del trauma occlusale, spesso poco considerato. Quel che viene dopo è una rincorsa dietro a squilibri più o meno radicati tra meccanica, biochimica e terreno di base… E’ qui che al GRR! GRR! dei pazienti, si associa il PANT! PANT! del         dentista.

H come Ho Paura
Per questo paragrafo leggere tutti i precedenti A,B,C,D,F,G… e quel che verrà detto in tutti i successivi: I...Z.
Perché saperne un po’ di più, fa passare la paura!

I come Igiene
Tutti lo chiedono, tutti lo vogliono sapere, ognuno ha un’idea diversa a seconda del proprio percorso “dentistico”.
…Quante volte all’anno si deve fare un’igiene dentale professionale? Ossia quante volte devo togliere il tartaro? Non esiste una risposta unica: come ogni bocca è diversa dall’altra, così anche la necessità di intervenire sugli accumuli, sopra e sotto gengiva, di tartaro, cambia da persona a persona.
La frequentazione dei dentisti dovrebbe far prendere consapevolezza su questo fenomeno molto soggettivo e di conseguenza dovrebbe aiutare a far prendere le adeguate contromisure per poterlo contrastare…
La sola cosa a commento è che il tartaro non è una “condanna del Cielo”! Come tutte le manifestazioni del nostro organismo si può decodificare e su di esso si può lavorare. Soprattutto considerando che i Sali di calcio che precipitano sulla placca e la strutturano in depositi calcarei, (io lo chiamo “i sassini”!), sono agevolati dal pH tendenzialmente acido della saliva. Meditate!

L come LINGUA: LA REGINA! Un inchino!
Mai abbastanza attenzione è rivolta a questo organo complessissimo dalle grandi valenze, sensoriali, posturali e  rimodellatrici, dell’apparato stomatognatico.
Uno degli informatori più affidabili dello stato di salute generale, strumento di comunicazione della mente, dell’anima, ma anche dei visceri, del sistema immunitario, dell’equilibrio biochimico generale con l’esterno, insomma una affidabilissima spia sul cruscotto della nostra esistenza.
La medicina cinese dà alla forma della lingua delle interpretazioni straordinarie per inquadrare pazienti, fare diagnosi.
E ancora una volta, ci stupisce l’eccellenza della qualità e la ricchezza delle osservazioni cliniche su questo, cosiddetto “organo muscolare” che, nella nostra superba e distratta diagnostica strumentale, sovente tralasciamo.
Una lingua ispessita o di colore più scuro o comunque cambiata rispetto al passato ci deve sempre mettere in preallarme e guidare verso una ricerca di ciò che essa stia tentando di comunicare.
La lingua ha un griglia di controllo cerebrale estremamente ampia e complessa. Organo innervatissimo, struttura la sua modalità funzionale, nel corso dei primi tre anni di vita. Questo dovrebbe bastare per stare in guardia da tutti gli aggeggi che vanno a reprimere  il suo buon funzionamento, proprio nella plasticissima fase della prima infanzia. Ben sapendo che in seguito, faremo i conti con questa precoce impostazione per tutta la vita.
La lingua difficilmente dimentica la battaglia per la spartizione dello spazio dinamico intraorale che ha dovuto ingaggiare con ciucci e biberon, o altre birbonate… Ne manterrà incredibilmente la memoria, pronta a ritirare in ballo questo passato ogni qual volta ci saranno delle incoerenze gnatologico-posturali. E’ permalosa la lingua… va trattata bene! Al momento opportuno si ricorderà di quanto sia stata rispettata o meno!
Sua “Altezza” la Lingua, è un organo dalle incredibili potenzialità, rispettandola faremo di lei un’amica e un’alleata fin dal primo giorno di vita…
L’Allattamento al seno, là dove è possibile o le modernissime tettarelle che cercano di simulare al meglio la forma dell’areola mammaria, sono un’ottima palestra funzionale per la nostra Regina della bocca, ma attenzione: con l’arrivo dei primi dentini anche l’allattamento al seno (peraltro caldeggiato nel suo proseguimento, per tantissimi altri nobili e corretti motivi), espone il rivestimento della lingua a continue sollecitazioni meccaniche. Lei cosa fa? Sdegnosa si ritira in una posizione arretrata simulando lo stesso atteggiamento riscontrabile nei ciucciatori incalliti. Questo è crudele, direte voi, da parte della natura, ma la nostra preziosa sovrana della bocca è manovrata, guidata, sostenuta da un prezioso corteo di ben cinque nervi cranici: un consiglio direttivo di cinque centraline nervose, sempre pronto a elaborare tutto quello che vien fatto alla loro Signora e Padrona, per mettere a frutto tutto un sistema di reazioni e compensi di cui ci accorgeremo più in là, con gli anni.
E il fatto che ci siano dei piccoli dentini aguzzi pronti a torturarla nella suzione al seno protratta, fa scattare un sofisticato sistema di autoprotezione e la legittima ricerca di una posizione più sicura.
Lo spazio dinamico nel quale Madame (la Lingua) si muove, deve essere mantenuto chiuso dalle Labbra (a proposito: L anche come Labbra), due guardie del magico antro: sono   loro che, in posizione di riposo o in movimento, permettono alla Lingua di coordinarsi con la respirazione, di espletare al meglio la deglutizione, di essere attive nella fonazione.
Il buon rapporto, equilibrato e bilanciato reciprocamente tra il buon sigillo delle Labbra e la corretta posizione della Lingua, stabilirà un’ ordinata e allineata posizione del gruppo incisivo superiore e inferiore. Mentre quando si crea una prevalenza linguale, come  nei respiratori orali, o un ipertono labiale (per pregresse abitudini a ciucci e affini o squilibri posturali), si ha sempre un rapporto incisivo non corretto.
La postura del corpo linguale (la zona più interna, posteriore), poi condizionerà la forma delle arcate a livello latero-posteriore, con una modalità analoga, in sinergia o in antagonismo con i muscoli delle guance.
Respirazione e posizione linguale (a riposo e in funzione) contribuiscono a stabilire la forma del palato, aspetto anatomico usato dalla medicina di base, come primo indizio per avviare le indagini pre-ortodontiche… in realtà esso stesso fenomeno conseguente a modalità funzionali più a monte, quindi esito e non causa di malocclusione.
La Lingua è, perciò, organo conformatore delle arcate e, come dico spesso, il miglior apparecchio ortodontico che abbiamo a diposizione!!
Ma la Lingua Regina è, in verità, una lavoratrice continua sul fronte della nutrizione: la rugosità della sua superficie permette di spingere il cibo, durante la masticazione e la deglutizione, verso il palato, verticalmente, o verso i denti, trasversalmente, spremendo sapori e esplorando, anche con modalità tattili, consistenze e caratteristiche.
Una volta coadiuvato meccanicamente e biochimicamente il lavoro sul cibo, è lei l’atleta che con un perfetto lavoro di coordinazione muscolare dà il via alla deglutizione: partendo dalla spinta della punta, poi del dorso e infine della radice verso lo spazio orofaringeo… portone verso il proseguimento del viaggio digestivo.
A rendere questo lavoro ancora più facile, sta poi lo sviluppo biochimico che odori e sapori scatenano sulla produzione di saliva, in un laboratorio di trasformazione dell’universo degli alimenti, straordinario!

La Lingua è quindi, sì, regina, spia sul cruscotto della biochimica, ma anche lavoratrice, mediatrice, esploratrice… un potente strumento di contatto con l’esterno!
E infine la Lingua è un organo di equilibrio generale, inteso   come primo anello di una catena posturale mediana che utilizza i muscoli del collo, con i quali Sua Maestà è strettamente embricata, per poter comunicare con tutte le strutture muscolari toraciche e sottostanti, ma sorprendentemente è anche elemento mobile e compensatore che corre in soccorso di tutti gli sbilanciamenti ascendenti o discendenti.
Un sistema tampone: da sovrana assoluta veste con grande disinvoltura i panni di un organo al servizio, per tutta la vita e 24 ore su 24, di un sistema posturale complesso chiuso, dove la sua adattabilità viene continuamente sfruttata.
E con molta facilità passa dal ruolo di bite naturale, se il sistema chiede un compenso in apertura, a un “puntello” se c’è invece bisogno di sostegno, a un timone riequilibrante se le viene richiesto di far fronte a flessioni in laterale, a impegnarsi ostinatamente, a chiudere la, più o meno temporanea ed estesa lacuna dentale, post-estrattiva.
Grande amica o nemica della curva cervicale, in tutte le sue manifestazioni invia sempre messaggi al rachide .
A questo punto, controllate senza pensare ad altro, la posizione della vostra Lingua… poi prendete uno specchio e osservatela… imparate a conoscerla, sarà più facile decodificare i messaggi che Lei, la regina, l’esploratrice, l’atleta, la indefessa lavoratrice, la spia, la mediatrice, la soccorritrice… vi manderà continuamente! Buon lavoro!

Ancora L come Lentezza o ancor meglio “elogio della Lentezza”
ma anche
M come Masticazione! A questo punto una riflessione su un tema solo apparentemente banale… ma come ho potuto riscontrare, in realtà, una subdola modalità patologica che inquina la nostra esistenza: non abbiamo più tempo di masticare!
Come ben sappiamo siamo immersi in un sistema storico, sociale, tecnologico in cui il tempo, inteso come contenitore degli eventi della vita, viene sempre più prosciugato e risucchiato in una scansione ritmica ossessivamente più rapida. Tutti ne siamo vittime e l’unico fattore salvifico, in questo momento, è (forse?) quello di prenderne consapevolezza e, per quel che si può, opporre una meditata resistenza.

Quanto tempo dedichiamo alla masticazione, ogni giorno? In che condizioni mastichiamo? In piedi al bar, rispondendo alle mail, o riversando i nervosismi del mattino sul turpe panino della pausa di pranzo…? Avevo scritto questa paginetta un po’ di tempo fa dopo aver pranzato in una mensa scolastica, in occasione di alcune lezioni sui denti alle scuole elementari.
La mattina avevo pontificato a lungo, rivolgendomi a bambini e insegnanti, sull’importanza della masticazione, sulla consistenza del cibo, sulla necessità di far lavorare bene denti e muscoli.
Poi sono stata invitata alla mensa… e ho pensato a quanti pranzi e per quanti anni quella modalità avrebbe scavato e modellato il rapporto con il cibo di quei bambini. Lascio a voi immaginare tutti i pensieri che si sono susseguiti nella mia mente.
Ho ritrovato queste riflessioni in fondo ad un cassetto proprio ieri (vedi il caso!)… ve le passo…
Leggetele Lentamente…
Elogio della Lentezza Masticatoria
La Lentezza dà modo ai muscoli masticatori di sviluppare la forza necessaria richiesta da “quel cibo”, è una fruizione non banale, un ascolto.
La Lentezza permette di triturare ben bene ciò che stiamo masticando, migliorandone la digeribilità.
La Lentezza concede tempo al cibo di manifestarsi.
La Lentezza, quindi, regala la possibilità di apprezzare i colori, godere dei profumi e dell’aspetto di ciò di cui ci stiamo nutrendo.
La Lentezza ci consente di dare la giusta importanza al gesto che stiamo compiendo.
La Lentezza apre alla convivialità e alla condivisione, per contro, la fretta chiude la mente ad un sereno rapporto con il cibo.
La Lentezza non si apprezza mangiando nel caos, non stando seduti a tavola, con la televisione o il DvD in funzione.
Il momento dei pasti è un rito importantissimo in cui tutti i sensi devono essere coinvolti senza distrazioni.
Insegnate ai bambini a rispettarlo.
La personalità in crescita, esattamente come l’anatomia e fisiologia dell’apparato masticatorio, si forma con stimoli sensoriali corretti e gustati fino in fondo.

N come NO!
La bocca è il distretto anatomo-funzionale dell’organismo in cui, più che altrove, si è refrattari ai “NO!”… perché questo? Me lo sono chiesta anch’io spesso, verificando l’atteggiamento dei pazienti di fronte ai “no” del dentista. Farò degli esempi.
Quando visito bambini con numerose carie sui denti di latte, escluso il digrignamento dalla lista delle cause, restringo il campo automaticamente all’alimentazione. Quindi, ogni volta e molto volentieri, racconto che lo smalto dei denti dei bambini è uno smalto di estrema delicatezza, sottile e fragilissimo, predisposto all’usura fisiologica che permetterà all’ingranaggio dentale di evolvere insieme alla crescita delle basi ossee, in questa fase della vita, molto intensa anche a livello dei mascellari. Ma la Natura che ha escogitato questo sistema così raffinato per una crescita posturale senza ostacoli, non aveva previsto la produzione dei lecca-lecca (terminologia un po’ vintage per evitare pericolosi riferimenti commerciali), la funesta appiccicosità di certe gomme da masticare, trasudanti zuccheri e schifezze (quando ci vuole ci vuole!), ovetti bicolori contrabbandati come riserve salutistiche di latte, in realtà, imbottiti solo di gadgets, bevande dalla torbidezza caramellata a nascondere la concentrazione di coloranti e conservanti, bevuti “sulla fiducia”, in quanto raggiungibili solo da una corta cannuccia: unico tramite tra l’esterno e il misterioso non visibile stucchevole contenuto…
La Natura, non aveva previsto la spregiudicatezza con la quale si alimenta l’efferata e perpetrata campagna per promuovere la dipendenza dagli “zuccheri malati” nelle future generazioni, tutte le conseguenze che questo ci prospetta…
Come sempre la bocca, grande alleata nel dare, momento per momento, notizie sullo stato di salute in generale, non lascia passare queste nefandezze alimentari senza mandare allarmi, e quindi osservare le carie di un bambino, ci permette di fare un bilancio di quello che il bambino mangia.
Quindi il NO, qui, deve essere secco e categorico! Neutralizzare i nonni in queste loro concessioni da rilassato abbassamento della guardia non è difficile, basta dar loro una lente di ingrandimento per leggere, a voce alta, gli ingredienti di queste birbonate alimentari.
“Fare di lui/lei un bambino diverso” (!) perché fuori tutti gli altri viaggiano con le tasche piene di “ordigni” cariogeni, non è un argomento da spendere in difesa della mal-educazione alimentare.
“Tanto sono denti che vanno via…” è un presuntuoso insulto alla intelligenza della Natura, che ha creato questo prodigiosa palestra di crescita anatomo-funzionale, della durata di 10-12 anni (quindi non poco) per dare ai nostri bambini la possibilità di allenare la masticazione, di avere un riferimento posturale stabile, ma allo stesso tempo adattabile, con delle centraline (venti dentini, per l’esattezza!) in grado di monitorare tutto questo! Quindi la dentatura decidua va protetta con tutti i NO del caso!

O come Ossessione
Finita l’infanzia in cui si è lottato per difendere i denti di latte dalle lusinghe aggressive degli zuccheri raffinati, si entra nell’adolescenza periodo in cui il terreno di battaglia si sposta, l’asticella dei traguardi si alza e l’obiettivo è: “denti drittissimi e bianchi PER SEMPRE!”. Questo può diventare un’ossessione se si tratta la povera bocca (è il caso di dirlo) come una arnese dai pezzi intercambiabili e non come (e lo ribadisco fino alla nausea) un organo collegato al resto dell’organismo.
Il colore dei denti è una caratteristica genetica, non esistono più, grazie al Cielo! discromie dovute alle famigerate tetracicline nelle nuove generazioni (facile trovarle nella fascia di età dei quarantenni), e le colorazioni localizzate su pochi denti sono effetti di devitalizzazioni o traumi.
In generale ognuno di noi ha un colore proprio, che ha a che fare con una linea di ereditarietà.
Cambiare il colore dei denti non è come cambiare il colore dei capelli, per un dato semplice ma fondamentale. I capelli crescono, si rinnovano continuamente, lo smalto è un tessuto che si forma già durante il periodo della gravidanza e quello è, e rimarrà per tutta la vita…
Quindi cautela e riflettere su questo al momento di decidere se sottoporre questo tessuto ad uno stress come quello dello sbiancamento.
E vero che lo smalto degli adulti è resistentissimo (a differenza di quello dei dentini dei bambini!) perché la Natura ha strutturato la permuta dei denti programmando uno smalto diverso, perché diverso sarà il sistema globale all’interno del quale si troverà a lavorare la dentatura permanente.
Questo però non ci autorizza a strapazzarlo con manovre ripetute che hanno come manifestazione clinica finale, oltre al candore perseguito, anche una bella sensibilizzazione…
L’altra richiesta (o Ossessione?) è “denti dritti ad ogni costo e ad ogni sacrificio, per tutta la vita!” Questa è una richiesta che nessuno si sognerebbe mai di fare a qualsiasi altro medico di qualsiasi altra branca della medicina: chiedere di surgelare il risultato di una terapia per l’eternità, mentre tutto il resto cambia di giorno in giorno, nella migliore delle ipotesi, questa richiesta al di fuori dell’odontoiatria, potrebbe essere considerata una sciocchezza! In odontoiatria no!
Purtroppo per anni il nostro senso di inadeguatezza atavico legato ad una dimostrazione immediata e continuamente sotto gli occhi di quanto poco sappiamo dell’odontoiatria in particolare, ci ha fatto vivere il senso di colpa di non riuscire a far fronte a queste richieste di pazienti viziati da una pratica dentistica gestita da abusivi e non da medici… quindi con promesse fuori da qualsiasi realtà biologica. Promettere denti dritti “fin che morte non ci separi” è una promessa ignorante, nel senso che ignora la materia di cui stiamo trattando. Il senso dell’ortodonzia è ancora quello di mettere il paziente nelle condizioni di “funzionare bene” e poter affrontare con una certa stabilità la fisiologica evoluzione che comunque avverrà, e questa sarà accompagnata da stabilità estetica e funzionale, quanto più e meglio sarà trattato e rispettato il sistema..!

P come Paziente
Questa di P di paziente mi vien voglia di collegarla idealmente alla D come disorientamento, oppure diffidenza… Questi sono spesso i legittimi stati d’animo vissuti da coloro che si apprestano ad affidarsi alla cura di un medico. Nel caso dell’odontoiatria tutto si esaspera perché è normale non fidarsi di una categoria vittima essa stessa di un grande equivoco professionale: ossia che fare i dentisti sia facile, una scappatoia di sicurezza lavorativa per medici poco inclini alla professione sanitaria. Ma una gran parte di colleghi investe tutto quello che può nella propria formazione con studi e aggiornamenti continui, allargando orizzonti e conoscenze che vadano a colmare quelle tante zone d’ombra che la materia ancora presenta, legate ad una visione parcellizzata e iperspecialistica delle problematiche… Il futuro è questo: niente più soluzioni spettacolari, niente effetti speciali ma uno studio approfondito delle casistiche senza l’effimero puntello di protocolli terapeutici standardizzati, ma con un nuovo approccio mirato alla diagnosi approfondita del singolo caso.
Solo la trasparenza ci farà riabilitare una categoria, ritrovando una buona comunicazione con i Pazienti, che ben informati e messi al corrente di diagnosi e “pro e contro” delle terapie, avranno gli strumenti per abbattere le riserve, le diffidenze e poter scegliere consapevoli il percorso a loro più congeniale… le terapie saranno così sicuramente più partecipate e di conseguenza più efficaci!

Q come Quando?
“Quando si deve fare la prima visita dal dentista?”
In teoria bisognerebbe dare ai neo-genitori degli strumenti per la gestione della bocca del neonato fin da subito! A questo possono far fronte incontri informativi, valutazioni generali fatte in prima visita dal terapeuta che si occuperà della crescita del bambino (omeopata, pediatra). Dopo di che arriva la prima visita del dentista. Negli ultimi anni si è abbassata l’età del primo controllo intorno ai tre anni, per una valutazione della crescita più o meno armoniosa di tutto l’apparato stomatognatico, e soprattutto per dare delle dritte pratiche ai familiari, ancora in tempo per rimediare alle spesso inevitabili abitudini non corrette che per bisogno o per mala informazione siano state acquisite dal bambino.
Da lì in poi la bocca andrà sorvegliata per tutta la vita, con visite periodiche da un dentista di fiducia che sarà in grado di vigilare sullo sviluppo strutturale e funzionale.

R come recidiva
Il nemico numero uno di ogni medico, il demone che popola le notte insonni di dentisti, soprattutto di ortodontisti. La recidiva è in realtà il sistema, l’unico peraltro, che l’organismo ha per segnalare che qualcosa non è stato compreso o qualche aspetto non è stato sviscerato fino in fondo nella diagnosi e di conseguenza qualche manovra terapeutica ha mancato il centro del problema.
Detto così tutto appare sereno e lineare. Si riguarda e si ristudia, alla ricerca di quel particolare aspetto che è sfuggito. Ma la nostra medicina “muscolare” ha abituato il paziente a ricevere da essa solo certezze, anche quando non c’erano proprio i presupposti per darle. Quindi si è attribuito alla terapia non il valore di percorsi suscettibili di variazioni di rotta sulla base della risposta individuale alle varie fasi, ma traiettorie asfaltate di certezze e protocolli operativi.
L’organismo sano è normalmente pieno di bilanciamenti interni, tra i vari sottosistemi posturali ergonomicamente embricati gli uni agli altri. Tra questi c’è anche il sistema stomatognatico che, quindi, cela spesso dietro alla propria mal occlusione, potenziale o manifesta, un gran lavoro adattativo bilanciante di qualche altro sottosistema.
Quindi quell’occlusione scorretta è solo la punta di un iceberg. Se il lavoro sarà dare un nuovo assetto solo all’evidenza clinica visibile nella bocca del paziente, un grande rischio ci attenderà dietro l’angolo, ossia che il sistema di pesi e contrappesi che in anni (anche i pochi dei bambini) ha trovato una sua compensazione stabile, costretto a rinegoziare tutto il suo lavoro per assecondare una forzatura ortodontica, (lavoro dispendiosissimo energeticamente o strutturalmente), una volta lasciato libero come un elastico “sano” richiamerà tutto il sistema allo “status quo ante”, alla ricerca di quell’equilibrio che a suo tempo tanto lavoro era costato… Quindi la recidiva, per certi aspetti è una benedizione, (non tutti saranno dello stesso avviso) che ci mette in comunicazione diretta con un sistema che ci vuole comunicare qualcosa.
E’ ovvio che non faccia per nulla piacere rivedere quell’incisivo ruotare ancora, e tornare indietro, ma molto meglio così che un lavoro subdolo di sofferenza strutturale che alla fine esita con la distruzione di tutta l’impalcatura di sostegno parodontale….
In tutto questo esistono tutte le sfumature intermedie, che stanno lì solo a darti la misura di quanto il sistema sia in grado di accettare la modifica che gli viene prospettata. Il messaggio, quindi, è: dialogare con le recidive, permette di comprendere meglio ed entrare più in profondità nel problema.
Soffriamo molto per le recidive, ma non perdiamo l’opportunità di decodificarne il significato!

S come Saliva
Anche questo potrebbe essere un capitolo a sé. Parlare della saliva conferendo il giusto interesse e valore a tutti i suoi aspetti potrebbe portarci chissà dove. Quindi partiamo, con apparente levità, dall’”acquolina in bocca”. La saliva è una spiona traditrice, si mette in mezzo a smascherare le nostre debolezze gustative, anche solo rievocate dalla memoria, per poi abbondare ancora di più nell’imbarazzo, mentre dispettosa sparisce completamente agli esami o alle conferenze… infingarda! La saliva è il liquido biglietto da visita dei nostri stati d’animo, grazie a tutte le connessioni neurologiche che collegano le ghiandole preposte alla sua produzione al sistema nervoso centrale. La saliva specchio dell’anima?... forse… ma non andiamo troppo oltre!
La saliva è acqua al 98% e in quel 2% che rimane, contiene un patrimonio di sostanze che, composte nell’insieme, creano quel miracolo di equilibrio biochimico che in un colpo solo fa da barriera meccanica e chimica contro i batteri, ammorbidisce e svolge una prima azione digestiva nei confronti del cibo introdotto, lo rende molle per evitare lacerazioni delle mucose della bocca e dell’esofago. Si può definire una cartina al tornasole degli equilibri biochimici in generale. Basterebbe analizzare la saliva per capire chi si è, e il nostro stato di salute.
La risultante di questo straordinario micro laboratorio di chimica salivare è il suo pH (scala di valutazione di acidità o basicità) che in teoria dovrebbe essere neutro, tendente all’alcalino. Quando il pH si sposta verso l’acidità si creano i presupposti ambientali per favorire la proliferazione del temutissimo Streptococco Mutans: un batteriuccio che adora sguazzare nell’acido dove al meglio può mettere in atto il suo scellerato piano cariogeno.
Cosa acidifica la saliva e rende vita facile allo Strep. Mutans? Tutti i cibi a base di zuccheri raffinati, le sostanze acide di per sé, tipo certa frutta molto acida… e individualmente tutto ciò che è difficilmente digeribile e quindi determina ipersecrezione gastrica. E qui il passo è breve nel comprendere le genesi dell’aumento di carie nelle gestanti torturate dalla nausea, le carie ai colletti nei pazienti con reflusso gastro-esofageo, le stesse carie nei soggetti con vomito nell’anoressia-bulimia…
Nell’adolescenza il pH della saliva vira verso l’acido a causa dell’evoluzione ormonale, aumenta anche l’incidenza di carie.
Malattie autoimmuni, senescenza, terapie molto aggressive, indebolimenti generali riducono la quantità e la fluidità della saliva prodotta e il suo grande lavoro anche di idratazione del rivestimento del tratto oro-esofageo, che di conseguenza, indebolito diventa molto più facilmente sede di afte e infiammazioni. Gli antibiotici abusati cambiano la popolazione batterica che normalmente si trova a difendere il cavo orale abbattendone la componente utile e positiva, infatti è normale dopo un po’ trovare gengive gonfie e infiammate.
Il pH acido fa poi precipitare chimicamente i Sali calcio creando nuclei di aggregazione dell’insidioso tartaro, e questo a qualsiasi età!
Quindi anche la saliva riporta ai soliti grandi temi di questo ABC odontoiatrico: la meccanica (funzione): masticare bene e a lungo permette alla saliva di ammorbidire e modificare il bolo rendendolo più digeribile e facilitandone il transito nel primo tratto digerente, entrano in gioco i batteri buoni e filtrano con sufficiente tempo a loro disposizione .
La qualità del cibo determina la biochimica della saliva, condizionandone l’efficacia.
La salute in generale influisce sulla composizione della saliva.
A questo punto la S si sposta su quella di Sciacquo Orale. Adesso che sappiamo molto della saliva è inutile ribadire che sciacqui orali troppo violenti ed aggressivi, proposti come una sorta di solventi di incrostazioni imbarazzanti della bocca, vanno ad alterare quel delicato equilibrio omeostatico che a noi tanto piace!
Lo sciacquo dovrebbe essere in realtà una coccola locale in più, associata ad un lavoro più profondo che tenta di scovare la causa di quella manifestazione gengivale che si manifesta “in superficie”. E mentre si cerca di capire cosa ha scatenato quella gengivite o quell’afta può essere di conforto e sollievo…. S come Semplicità…

T come Trapano
“Ma ancora non avete trovato il sistema di usare qualcosa di meno impressionante di un trapano per curare le carie?” Questo è un altro dei temi ricorrenti nelle conversazioni con i pazienti, mentre si attende l’ effetto di una anestesia. In effetti il rumore continuo e sibilante soprattutto della turbina o le vibrazioni del micromotore, fanno parte di quelle rappresentazioni orrorifiche che effettivamente, con anni e anni di lavoro senza anestesia, i dentisti si sono guadagnati.
Per anni si è pensato di dare una spallata al trapano, una volta per tutte, grazie al laser, che con lo sviluppo di una temperatura molto alta è in grado di bonificare la zona del dente invasa dai batteri della carie e conferire alle pareti delle cavità una sorta di vetrificazione in grazia del calore sviluppato dal puntale. Ma questa sorta di sterilizzazione e fusione dello strato superficiale della dentina, in realtà, si porta appresso una sofferenza della polpa dentaria, verificata istologicamente dalla produzione di tutte cellule infiammatorie, una sorta di flogosi asettica da repentino innalzamento della temperatura. Ergo: i denti così trattati rischiano seriamente una devitalizzazione… Inoltre tutto questo trattamento si effettua su una cavità già preparata e quindi un po’ di trapano sempre si è costretti a passarlo!
Il laser rimane un ottimo strumento per la chirurgia dei tessuti molli (gengive..) ma sui tessuti dentali, facciamocene una ragione, il trapano è ancora l’unico sistema di preparazione e rimozione della carie!

U come “Urca che bei denti!!”
Che soddisfazione ricevere complimenti sul proprio sorriso!
Che sia un dono della natura o che si sia raggiunto questo traguardo lavorando con fatica, la verità è che dietro a denti belli e stabili c’è sempre una buona funzione! Quindi fate ben lavorare i vostri denti (v. M come Masticazione, numero precedente di questa pubblicazione) perché le bocche, in generale e i denti in particolare, che non lavorano si ammalano!

V come Velocità
Tutti i pazienti all’inizio di una terapia hanno bisogno di sapere quanto tempo dovranno dedicare al percorso che si accingono a fare. Una risposta viene sempre data, ma mentre un po’ di anni fa potevamo dire qualcosa di molto sicuro sulla tempistica, in realtà più aspetti si conoscono che confluiscono in un determinato problema più è necessario prendersi tempo per approfondirli e metterli al “nostro servizio” ossia a quello della terapia.
Ho rivalutato molto la lentezza delle terapie, perché più di una volta, grazie ad essa sono maturate davanti ai miei occhi delle evidenze cliniche, che con ritmi più veloci avrei soffocato, ricacciandole a diventare manifestazioni cliniche più forti a distanza di tempo o dislocando il problema in altre sedi, in quel momento più vulnerabili… quindi mettersi al servizio della clinica, non reprimerla. E per questo ci vuole tempo, la velocità non dà alcun vantaggio.

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