ClinicaSantaCroceDal 1997 presso la clinica Santa Croce di Orsellina (Locarno-Svizzera) è aperto un reparto di omeopatia diretto dal Dr. Dario Spinedi dove da 13 anni vengono presi in cura con l'omeopatia classica pazienti affetti da patologie gravi, principalmente tumorali, che richiedono per la loro complessità un ricovero ospedaliero.
Il reparto dispone di 20 letti e insieme al Dr. Spinedi lavorano nove medici con formazione scolastica tradizionale e omeopatica.
I casi che si presentano alla nostra osservazione sono molteplici, la maggior parte dei pazienti oncologici ha già percorso o sta  percorrendo l'iter terapeutico ufficiale  fatto di interventi chirurgici, chemioterapia, radioterapia, terapia ormonale, ecc..
I pazienti di frequente lamentano disturbi riferibili agli effetti collaterali di queste terapie, spesso sono molto indeboliti perché il sistema immunitario diventa fragile a causa della tossicità delle terapie convenzionali.                                   
La chemioterapia e la radioterapia possono trasformarsi da potenti alleati a pericolosi nemici della salute della persona stessa.

Durante le sedute di terapia, l'organismo viene indebolito sempre di più dai pesanti effetti collaterali di queste terapie.
Queste sono le situazioni più frequenti che vediamo in Clinica e sono anche le più complesse da curare.                                                  
La complessità si riscontra principalmente su due livelli: il primo prevede la cura della malattia indotta dai farmaci allopatici assunti; il secondo prende in considerazione la malattia  oncologica di cui soffre il paziente.
Omeopatia e cure oncologiche allopatiche
Se mettiamo a confronto i principi che stanno alla base della cura omeopatica rispetto ai trattamenti oncologici della medicina ufficiale troviamo una netta differenza che sta proprio nei concetti che fondano i due modelli di cura. L'oncologia utilizza interventi chirurgici, sedute chemio e radio-terapiche mentre nell'omeopatia il rimedio omeopatico funge da catalizzatore dell'energia vitale dell'individuo: l'aggressività delle terapie convenzionali, seppur in grado in molti casi di distruggere le cellule tumorali e ridurre le masse neoplastiche, agisce anche diminuendo o annullando l'energia vitale che il paziente possiede e che è indispensabile per la vita, mentre l'omeopatia stimola tale energia (e il sistema immunitario) a combattere contro il male. L'efficacia in questo caso sta proprio nell'alleanza che si crea tra il rimedio e l'energia vitale.
Per questo motivo è molto importante creare un rapporto di fiducia con i pazienti e con i medici oncologi che li seguono, allo scopo di definire insieme fino a quando è possibile aggredire l'organismo con terapie molto invasive e quando invece conviene riflettere se abbassare i dosaggi o sospendere le cure oncologiche classiche.
Dalla nostra esperienza emerge che la prima cosa da  curare nei pazienti oncologici è frequentemente il loro stato psicologico, la loro paura, la loro disperazione, a volte può essere lo shock della diagnosi ad ucciderli più che la malattia stessa.
Ridare speranza a questi pazienti con l'aiuto delle cure omeopatiche è uno dei primi successi che possiamo immediatamente ottenere durante il ricovero e nelle prime settimane di terapia.
Finché i pazienti continuano ad avere angosce di morte e paure profonde non si può sperare in una guarigione, per questo spesso si inizia il trattamento con rimedi acuti per lo stato psichico di profonda disperazione in cui questi pazienti si trovano (ad esempio aconitum, arsenicum, ignatia). Quando questo stato del paziente sarà curato, il corpo stesso indicherà all'omeopata, con nuovi sintomi, come proseguire la cura che a questo punto potrà andare sempre più in profondità verso la cura del tumore.
Attraverso il colloquio, l'ascolto, l'osservazione del paziente, si intuisce cosa per primo deve essere curato nel malato, che per ogni persona è differente. Alcuni pazienti ci chiedono solo di alleviare i loro dolori e questo è quello su cui occorre concentrarsi nella prima fase della cura. Mentre altri, che hanno perso o non hanno mai avuto fiducia nella medicina ufficiale allopatica, ci chiedono di seguirli nella lunga strada della malattia tumorale solo con l'omeopatia. Si tratta di pazienti convinti che collaborano strettamente con noi, tale fiducia, associata al nostro impegno quasi quotidiano per anni al loro fianco, può portare alla guarigione di tumori solo con l'omeopatia. Alcuni di questi casi si possono trovare nel libro del Dr. Spinedi “La cura del cancro con l'omeopatia” di recente pubblicazione.
Molti pazienti arrivano da noi come ultima spiaggia. Per questi casi terminali la cura omeopatica può sostituirsi alle cure palliative tradizionali evitando o limitando il ricorso massivo a farmaci sedativi con i loro inevitabili effetti collaterali.
Il primo atteggiamento che adottiamo nell’anamnesi è quello dell’ascolto del malato, delle sue richieste e delle sue esigenze. L’obiettivo è quello di costruire con ogni singola persona un percorso che sia il più adatto  possibile alla sua situazione, considerata unica ed irripetibile. È importante costruire un’alleanza di lavoro con il paziente: penso che il compito di noi medici non sia quello di imporre le nostre competenze ma di metterle a disposizione della persona perché si possa scegliere insieme la strada migliore da percorrere.
L'omeopatia è una medicina che mette in primo piano l'individuo. In omeopatia non esistono protocolli, per ogni singola persona viene fatto un piano terapeutico individualizzato sulla base della prima anamnesi omeopatica e delle lunghe osservazioni sul decorso della cura durante il ricovero.                                                      
L’omeopata è quindi interessato a tutto quello che il malato direttamente o indirettamente esprime, dalla stretta di mano iniziale al racconto dettagliato del disturbo fisico, anche quello in apparenza più banale. Il paziente svolge un ruolo attivo nella prescrizione del rimedio omeopatico. E’ molto importante infatti la sua capacità di osservarsi e di riferire al medico i sintomi nella maniera più precisa e dettagliata possibile.
Il terapeuta deve conoscere l’orario in cui si presenta, migliora o peggiora un disturbo, i sintomi concomitanti, il tipo e la qualità del dolore, oltre che ad esempio la  sensibilità del paziente agli agenti atmosferici, le  abitudini alimentari, le variazioni del suo umore, la qualità del sonno, la sua storia personale e familiare in maniera molto dettagliata.
L'omeopatia si differenzia dalla medicina allopatica per questo importante aspetto, è una disciplina democratica, il territorio stesso dell'anamnesi è un territorio democratico: se la medicina cosiddetta convenzionale spesso oggettivizza il malato, fa subire la terapia, l'omeopatia lo chiama in causa in quanto esperto dei propri disturbi, rendendolo attore partecipante della diagnosi e della cura.
Il processo di questa disciplina si fonda sull'interpretazione dei sintomi del paziente, li elabora in base alle teorie omeopatiche giungendo alla prescrizione di un rimedio omeopatico adeguato.
Nel nostro reparto, dopo una prima approfondita anamnesi con lo scopo di individuare un primo piano di cura, i pazienti vengono trattati somministrando loro dosi giornaliere del rimedio. Attraverso accurate visite quotidiane si monitora come il paziente reagisce al rimedio. Osservando l'evoluzione dei sintomi, la loro scomparsa o la comparsa di nuovi, il medico omeopata è in grado di affinare il piano di cura del paziente. Quando si accerta il procedimento positivo della terapia (circa 2 settimane di attenta osservazione), la cura prosegue ambulatorialmente.
Per molti pazienti affetti da patologie tumorali questo già vuole dire riappropriarsi di se stessi, del proprio corpo, delle proprie sensazioni e non annullarsi come spesso succede nell'esito di una tac o di un marker tumorale. Come medici siamo molto interessati a tutti questi parametri oggettivi che ci indicano se la cura sta funzionando, se effettivamente c'è una regressione del tumore. Ma sono per noi solo degli strumenti di lavoro, siamo molto più profondamente interessati a come si sente il paziente e a come si sta ristabilendo il suo benessere psico-fisico.
L'antropologia culturale ha studiato come il corpo malato diventa un'alterità che isola il paziente in luoghi precisi, separati, confinati all'interno di spazi che non sono quelli della “normalità”. Malattie come il cancro oggettivizzano le persone, proiettandole in un contesto di isolamento che spesso genera la perdita della propria dignità e della propria identità. Divenire oggetti per la scienza, subalterni alle terapie.
L'omeopatia interpreta questa deprivazione anche come il rischio di indebolimento dell'energia vitale che ogni individuo possiede come risorsa per far fronte alle malattie. L'inscindibilità dell'aspetto psicologico dall'aspetto fisiologico è il potenziale che ci permette di contrastare le patologie che possono insorgere nell'organismo, ma è anche la garanzia di un equilibrio che previene il disordine che spesso troviamo nelle esperienze dei malati che vengono a curarsi da noi.
La possibilità di restituire un ordine nel percorso di cura che un malato affronta è anche la garanzia di dare un senso a ciò che sta accadendo, un senso per se stessi e un senso per la società in cui si vive.
Quando si parla di salute ci si riferisce ad una condizione di particolare benessere nella quale, oltre a non manifestare sintomi di malattia, si avverte, ad un livello più profondo, una sensazione di armonia interiore e di equilibrio che permettono di affrontare con serenità i problemi della vita quotidiana.
Lo scopo dell’omeopatia è quello di ristabilire l’ordine nell’essere umano ammalato, rimuovendo tutti i sintomi di malattia e ripristinando una condizione di benessere psico-fisico.
Nei malati affetti da patologie oncologiche questo può essere un traguardo che si ottiene solo dopo anni di cura omeopatica proprio perché malattie così gravi di solito sono legate ad uno squilibrio molto profondo dell'organismo e dell’energia vitale. Per questo motivo i pazienti che vengono ricoverati alla clinica vengono poi seguiti ambulatorialmente per molto tempo, con contatti settimanali, solo in questo modo si può sperare di arrivare a curare situazioni anche molto gravi.
Le cause di questo squilibrio profondo dello stato energetico dell'organismo che sfocia nel tumore sono molteplici e per ciascuno diverse e non sempre totalmente note.
Oltre alle classiche cause prese in considerazione dagli oncologi e sicuramente valide, l'omeopata osserva come spesso nei malati oncologici ci sia una lunga storia di soppressioni.
Il nostro organismo è molto intelligente e ci invia fin dall'infanzia dei segnali che indicano uno squilibrio dell’energia vitale. Si tratta di sintomi a volte considerati irrilevanti per la salute delle persone come ad esempio eczemi, verruche, epistassi ricorrenti, che vengono trattati con terapie farmacologiche soppressive (ad es. cortisone) o piccoli interventi chirurgici, con il risultato di spegnere per sempre queste spie che il nostro corpo accende, senza curare il disagio profondo dell'organismo che ne sta alla base e anzi a volte aggravandolo.         
L'omeopatia presta molta attenzione a questo aspetto, a questo linguaggio che appartiene al corpo. Sentire, ascoltarlo è propriamente una caratteristica della disciplina omeopatica. Sopprimere questi segnali equivale a un rifiuto di comunicazione con il corpo stesso, importante per il paziente e per il clinico.
L'omeopatia è una disciplina di cura che va in profondità perché "lavora sul terreno genetico", sui cosiddetti "Miasmi",  concetto chiave e fondamentale nella medicina omeopatica. Tutti noi nasciamo con un "imprinting" particolare, qualcosa che ereditiamo dai nostri avi, ma spesso i medici stessi non sanno riconoscere queste tracce se non in caso di malattie gravi.
Anche una verruca può essere espressione di un miasma e curandola con l'omeopatia invece che sopprimendola con altri sistemi, si garantisce un passo verso il riequilibrio dello stato energetico dell'organismo.
Molto spesso chi si trova ad affrontare una malattia tumorale ci racconta di sapere il motivo per cui è venuto il tumore, ci racconta di profondi conflitti non risolti in famiglia, sul lavoro, nella vita quotidiana, il nostro compito è anche quello di indirizzarli verso specialisti in grado di aiutarli ad uscire da queste situazioni conflittuali da loro stessi avvertiti come fonte di disagio e di sofferenza.
Francisco Mele scrive: “il corpo è la sede in cui si rappresenta il conflitto tra il soggetto e il mondo. Delle zone vengono per così dire privilegiate nell'esprimere questo conflitto con il mondo, con gli altri e con i propri fantasmi. Dietro una persona che si ammala c'è sempre una storia che è tutta da scoprire. Non si deve vedere la malattia isolata in se stessa, ma si deve vedere il malato nel suo contesto sociale e familiare; per capire se una persona è stanca di vivere oppure se vive con pienezza la sua esistenza. Se è subentrata la stanchezza, anche una difficoltà di scarso peso potrà portare quella persona a desiderare la morte; se ha desiderio di continuare la sua esistenza, potrà superare perfino una malattia grave” (L.M. Lombadi Satriani, M. Boggio,  F. Mele “Il volto dell'altro”, Meltemi, Roma 1997).

E' inutile sottolineare quanto sia importante anche una sana e corretta igiene di vita in tutte le persone e a maggior ragione in pazienti affetti da malattie tumorali: nutrirsi in maniera corretta e salutare, rispettare ritmi di vita più fisiologici ed umani. Sentirci in pace con noi stessi, con le persone che ci circondano e stare a contatto con la natura, godere di una profonda spiritualità sono tutti elementi indispensabili per raggiungere la salute intesa non solo come assenza di malattia ma come equilibrio tra corpo, mente e spirito.

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